Terre e rocce da scavo: il nuovo Regolamento 2025

Terre e rocce da scavo: il nuovo Regolamento 2025.

Con la notifica TRIS (Technical Regulation Information System) n. 2025/0161/IT del 21 marzo 2025, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha trasmesso alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535, lo schema del nuovo Regolamento nazionale per la gestione delle terre e rocce da scavo, destinato a sostituire integralmente il D.P.R. 120/2017. Il nuovo testo, elaborato sulla base dell’articolo 48 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, rappresenta il risultato di un processo di consultazione pubblica e di confronto interistituzionale, con l’obiettivo esplicito di semplificare, chiarire e aggiornare la disciplina in materia, anche in coerenza con i principi dell’economia circolare e del PNRR.

Analisi tecnico-giuridica del nuovo Regolamento 2025

Il regolamento si articola in sei Titoli e dieci allegati tecnici, riproponendo in parte la struttura del D.P.R. 120/2017, ma introducendo importanti novità definitorie, procedurali e sostanziali. Fin dalla lettura del Titolo I, emerge una volontà sistematica di superare le criticità applicative riscontrate negli anni precedenti, in particolare in merito al perimetro oggettivo della disciplina, alla distinzione tra rifiuto e sottoprodotto e alla qualificazione delle attività di riutilizzo.

Nella parte definitoria si segnala l’introduzione, all’art. 2, comma 1, lett. c),dei sedimenti e dei residui di lavorazione di materiali lapidei tra i materiali che possono rientrare nella nozione di terre e rocce da scavo, estendendo così l’ambito operativo del regolamento.

Viene altresì modificata la definizione di “sito” (lett. i), ora mutuata dalle Linee Guida SNPA, con l’intento di assicurare maggiore coerenza con la prassi tecnico-amministrativa.

Accanto alle tradizionali figure del proponente, esecutore e produttore, fa il suo ingresso la nuova figura dell’utilizzatore (art. 2, lett. ee), inteso come soggetto destinatario delle terre e rocce riutilizzate, che assume un ruolo documentale di rilievo attraverso la sottoscrizione della dichiarazione di consegna all’utilizzo (art. 7).

Tra le innovazioni procedurali di maggior rilievo, l’art. 10, comma 2, prevede la possibilità di redigere un piano di gestione delle terre in funzione dello stadio progettuale, con finalità propedeutiche al successivo piano di utilizzo. Tale articolazione temporale consente un migliore coordinamento con la procedura di valutazione di impatto ambientale e risponde alla necessità, più volte segnalata dagli operatori, di garantire flessibilità senza pregiudicare la qualità dei dati ambientali.

Una semplificazione significativa riguarda la gestione documentale del trasporto ripetuto (art. 6, comma 3), per il quale il nuovo schema regolamentare introduce modelli semplificati rispetto alla disciplina previgente, riducendo gli oneri a carico dei soggetti operativi. La documentazione non si esaurisce più nella sola dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU), ma viene integrata dalla dichiarazione di consegna all’utilizzatore, che garantisce la tracciabilità anche nella fase terminale del ciclo di riutilizzo.

Il regolamento conferma il principio per cui le terre e rocce da scavo, per poter essere qualificate sottoprodotti, devono rispettare le quattro condizioni cumulative stabilite dall’art. 184-bis del D.Lgs. 152/2006, ma consente un’applicazione più chiara e uniforme di tali condizioni grazie alla riformulazione di alcune norme chiave e all’ampliamento della casistica ammessa.

Particolare attenzione viene dedicata ai cantieri di modeste dimensioni. L’art. 27, comma 2, prevede una procedura semplificata per i cantieri puntuali che producono non più di 20 m³ di terre e rocce, escludendo esplicitamente i siti oggetto di bonifica. Questa scelta normativa appare coerente con il principio di proporzionalità e risponde all’esigenza di alleggerire il carico documentale per le piccole opere locali.

Anche i siti oggetto di bonifica restano disciplinati in modo autonomo: in tali casi, il riutilizzo delle terre e rocce è subordinato alla validazione dell’autorità competente, nonché alla coerenza con l’analisi di rischio sito-specifica. Restano fermi i limiti alle concentrazioni di contaminanti stabiliti nelle CSR approvate.

Il Titolo VI contiene le disposizioni transitorie e finali, stabilendo un regime di abrogazione esplicita del D.P.R. 120/2017 e prevedendo la validità dei piani di utilizzo già approvati secondo la disciplina vigente fino alla loro naturale scadenza.

È altresì previsto un monitoraggio triennale sull’attuazione della nuova normativa da parte di ISPRA, che dovrà relazionare periodicamente al Ministero.

Nel complesso, lo schema notificato alla Commissione europea si presenta come un testo più lineare, aggiornato nei contenuti tecnici e coerente con i principi europei in materia di rifiuti e sottoprodotti. La sfida, come sempre, sarà garantire un’applicazione uniforme e coerente su tutto il territorio nazionale, evitando derive interpretative o conflitti tra autorità competenti.

Commento giuridico-ambientale al nuovo regolamento 2025

Il nuovo regolamento 2025 rappresenta indubbiamente uno sforzo di razionalizzazione normativa nel solco tracciato dal D.P.R. 120/2017. Tuttavia, nonostante l’impostazione moderna e l’ampliamento dell’ambito oggettivo, il testo presenta alcune criticità sistematiche e applicative che meritano di essere esaminate.

In primo luogo, pur dichiarando un intento di semplificazione, il regolamento conferma l’impianto autorizzatorio già noto nel D.P.R. 120/2017, mantenendo una struttura procedurale articolata. Il nuovo strumento del “piano di gestione preliminare” rischia di introdurre un ulteriore adempimento per i proponenti, la cui utilità concreta dipenderà fortemente dalla disponibilità delle autorità competenti ad accettare un approccio progressivo alla progettazione e non a considerare il piano come un requisito rigido o una duplicazione.

L’introduzione della figura dell’utilizzatore è sicuramente apprezzabile in chiave di responsabilizzazione della filiera, ma resta incerta la sua efficacia giuridica in termini di tracciabilità effettiva e, soprattutto, di ripartizione delle responsabilità ambientali in caso di utilizzo non conforme o inquinamento successivo alla consegna. Sul punto, sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale in ordine alla valenza probatoria della dichiarazione di consegna rispetto alla cessazione della responsabilità in capo al produttore.

Nonostante i riferimenti al PNRR e all’economia circolare, il regolamento non introduce alcuna vera semplificazione per l’utilizzo in situ di terre e rocce che presentino lievi superamenti delle CSC ma valori compatibili con il fondo naturale. Tale rigidità rischia di penalizzare ancora una volta le opere infrastrutturali complesse, specialmente nei contesti geochimicamente anomali (es. aree vulcaniche o metallifere), dove l’approccio risk-based resta l’unica soluzione efficace e sostenibile.

Rimane inoltre irrisolto il nodo della disomogeneità applicativa tra Regioni: pur trattandosi di regolamento statale, nulla nel testo rafforza il principio della prevalenza statale o previene l’adozione di prassi locali difformi, come accaduto per anni con la gestione del D.P.R. 120/2017. In questo senso, l’attività di coordinamento di ISPRA (prevista con cadenza triennale) appare insufficiente se non accompagnata da linee guida vincolanti e da un’effettiva attività di indirizzo del Ministero.

Infine, sotto il profilo lessicale e sistematico, si osserva come alcune definizioni (in primis quella di “sito” e di “utilizzatore”) risultino ancora ambigue o eccessivamente tecnico-operative, con il rischio di generare interpretazioni difformi o di rendere incerto il perimetro applicativo del regolamento.

In conclusione, pur apprezzando l’intento del legislatore delegato di riformare e aggiornare la disciplina delle terre e rocce da scavo, occorrerà monitorare attentamente l’applicazione concreta del nuovo regolamento, specialmente nella fase post-adozione, per verificarne la reale efficacia nella riduzione degli oneri amministrativi, nella semplificazione autorizzativa e nella certezza operativa per tutti i soggetti coinvolti.


La gestione delle terre e rocce da scavo è una materia ad alta complessità tecnico-giuridica, costantemente soggetta a evoluzioni normative e interpretazioni ondivaghe da parte della giurisprudenza e delle autorità competenti. Anche un errore meramente formale nella qualificazione dei materiali, nella documentazione di trasporto o nei tempi di presentazione delle dichiarazioni può determinare gravi conseguenze amministrative e penali, tra cui la riconduzione del materiale a rifiuto, interruzioni di cantiere, sanzioni pecuniarie e denunce all’autorità giudiziaria.

Per questo motivo si raccomanda fortemente di non affrontare autonomamente le fasi di pianificazione, caratterizzazione e utilizzo delle terre e rocce da scavo. Ambientelex.it, grazie alla propria rete di consulenti legali e tecnici specializzati, offre un servizio qualificato di consulenza ambientale preventiva, assistenza in fase progettuale, supporto nella redazione del piano di utilizzo e gestione delle interlocuzioni con le autorità di controllo.

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