Brevi note sull’illegittimità della proroga automatica ex lege delle concessioni demaniali marittime

(commento a TAR per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara Sez. I, sentenza 03 febbraio 2021, n. 40; di Luca Mutignani)

1. Introduzione

La pronuncia in esame, emessa in sede di definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare ex art. 60 c.p.a., affronta il problema dell’annosa vicenda delle proroghe delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo.

Tale pronuncia si inserisce in un filone che vede tra i precedenti la famosa decisione del 14 luglio 2016 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardo le cause riunite C-458/14 e C-67/151 (cosiddetta sentenza Promoimpresa), all’interno della quale era stata sottoposta al vaglio del Giudice europeo la questione di compatibilità con l’ordinamento dell’Unione della proroga ex lege del termine di scadenza delle suddette concessioni e della loro conseguente esclusione da procedure di evidenza pubblica2.

La Corte di Giustizia, attraverso la sentenza del 14 luglio 2016, pronunciata nelle suesposte cause riunite (C-458/14 e C-67/15), ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate3; una siffatta procedura, infatti, sarebbe in netto contrasto con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49. 56 e 106 del TFUE4.

Inoltre, a parere della Corte, l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE5 del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein) stabilisce che il rilascio delle concessioni demaniali  marittime e lacuali deve necessariamente avvenire attraverso una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nei mercato.

Da quanto precede risulta che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale che preveda la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati6.

Pertanto, con riferimento alla proroga in questione, a parere della Corte di Cassazione, “(…) la Corte di giustizia ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate; una siffatta procedura contrasterebbe con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56 e 106 del TFUE. Inoltre, a parere della Corte, l’art. 12 della direttiva 2006/123/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein) stabilisce che il rilascio delle concessioni demaniali marittime e lacuali deve necessariamente avvenire attraverso una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nel mercato. Da quanto precede risulta che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati (…)”.7

2. Il caso

La questione, risolta dalla sentenza del 3 febbraio 2021, n. 40, ha affrontato il problema dell’annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo, della conseguente determina attuativa n. 152 del 04-09-2020 (avente ad oggetto “Proroga concessioni demaniali marittime – Pubblicazione avviso e documentazione”), del relativo avviso pubblico (avente ad oggetto “Estensione della durata delle concessioni demaniali marittime”) e di tutte le concessioni demaniali eventualmente rinnovate e/o prorogate in ragione degli atti appena indicati, dell’accertamento della scadenza del termine di durata delle concessioni demaniali marittime nn. 18/2002 e 19/2002, entrambe in proroga fino al 31-12-2020” e della inapplicabilità in loro favore dell’art. 1, co. 682-683-684, L. 145/2018 e dell’art. 182, D.L. 19-05-2020, n. 34.

Viene altresì affrontato il problema inerente all’accertamento della fondatezza della pretesa dedotta con l’istanza della ricorrente avente ad oggetto “Manifestazione di interesse/Istanza rilascio concessione demaniale marittima per uso turistico ricreativo” e la conseguente condanna del Comune di Vasto a provvedere al rilascio delle concessioni richieste dalla ricorrente.

3. La pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

Le conclusioni di cui alla sentenza in questione, hanno portato il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) a condannare il Comune di Vasto, il Lido del Sole sas, il Lido La Bussola sas ed il Lido Aurora sas al pagamento in favore della ricorrente, della somma complessiva di euro 6.000,00, oltre al contributo unificato e agli accessori come per legge.

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha altresì ordinato che la sentenza fosse eseguita dall’autorità amministrativa.

4. I regimi autorizzativi alla stregua della Direttiva Bolkestein (2006/123/UE) e l’illegittimità della proroga automatica ex lege

Tenuto conto che gli avvenimenti ivi indicati rientrano nell’alveo dei regimi autorizzativi all’esercizio di attività economiche assoggettate alla Direttiva Bolkestein (2006/123/UE), la Corte di Lussemburgo ha sancito l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di suddetta Direttiva “osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”.

Di converso, il legislatore nazionale si è pronunciato attraverso un’ulteriore proroga fino al 31.12.2033 ex art. 1, co. 682 e ss., L. n. 145/2018, che ha fatto insorgere numerosi problemi interpretativi.

Nello specifico, il Consiglio di Stato come anche la Corte di Cassazione penale, hanno riconosciuto l’obbligo per lo Stato membro (come anche per la relativa P.A.) di non procedere all’applicazione della norma nazionale contrastante con il diritto comunitario.8

Proprio in ragione dell’importanza di tale principio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato hanno prontamente comunicato ai Comuni di non procedere con la proroga delle concessioni demaniali marittime ed in tal senso anche taluni Uffici della Procura della Repubblica hanno avviato indagini per verificare se ricorressero delle abusive occupazioni di aree demaniali.

Di contro, però, il potere politico è fermamente convinto che la nuova proroga sia legittima e debba considerarsi come una disciplina transitoria in vista di una futura riforma dell’intera materia; difatti, attraverso l’art. 182, co. 2, del D.L. n. 34 del 2020, convertito dalla L. n. 77/2020, facendo riferimento all’obiettivo di contenere i danni causati dal COVID-19, ha sancito il divieto alle amministrazioni competenti di “avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso dei beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’art. 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione”.

Conformemente a quanto detto si sono uniformate molte Regioni, applicando direttamente la proroga prevista ex lege.

5. Segue: le pronunce in merito all’elusione dei principi comunitari e l’importanza della sentenza n. 7874

Prima facie si sottolinea l’importanza dell’art. 12, comma 1 della Legge n. 241/1990 relativamente al caso di specie poiché: «…l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi».

Orbene, una pronuncia importante attorno al discorso sulle proroghe alle concessioni demaniali marittime si è avuta con la sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019.9

Attraverso la sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019, VI Sezione, il Consiglio di Stato ha applicato la giurisprudenza nonché la normativa posta a presidio dell’Unione Europea, stabilendo pertanto che le leggi nazionali italiano che prevedono proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime siano in contrasto con il diritto europeo e che vadano pertanto disapplicate.

La sentenza in questione non ha fatto altro che sottolineare come tali proroghe fossero non conformi al diritto europeo.

Facendo riferimento alla famosa sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 10, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che per assegnare delle concessioni demaniali marittime, bisogna necessariamente precedere il momento dell’assegnazione con una fase di evidenza pubblica poiché, dato che parliamo di un’occasione di guadagno, l’obiettivo da tutelare è quello della concorrenza.

Orbene, con la suindicata sentenza n, 7874 del 2019, è stato stabilito che le leggi nazionali italiane che prevedono proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime siano in contrasto con il diritto europeo e che vadano pertanto disapplicate.

La sentenza ha inoltre specificato che: “Prima ancora della nota sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 la giurisprudenza aveva già largamente aderito all’interpretazione dell’art. 37 cod. nav. che privilegia l’esperimento della selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime, derivante dall’esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, derivanti dalla direttiva 123/2006, essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, in quanto riconducibili ad attività, suscettibile di apprezzamento in termini economici”.

Così il Consiglio di Stato si è pronunciato: “La sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di un’area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione segnalando l’esigenza di una effettiva ed adeguata pubblicità per aprire il confronto concorrenziale su un ampio ventaglio di offerte”.

Queste sono state le parole del giudice le parole del Giudice: “Il Collegio, per completezza d’esame, ritiene di dovere dare conto della circostanza che la più volte citata sentenza della Corte di giustizia UE, sebbene abbia dichiarato che le disposizioni nazionali che consentono la proroga generalizzata ed automatica delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2020 contrastano con l’ordinamento comunitario, ha nel contempo però precisato che una proroga di una concessione demaniale è giustificata laddove sia finalizzata a tutelare la buona fede del concessionario, ovverosia qualora questi abbia ottenuto una determinata concessione in un periodo in cui non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza”.

6. Considerazioni conclusive alla stregua delle più recenti pronunce

Una sentenza che ritengo estremamente importante alla luce della più completa comprensione della questione giuridica è quella del TAR per la Puglia-Lecce.

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Lecce, n. 1321 del 27 novembre 2020 , mira a sottolineare come bisognerebbe necessariamente considerare che la disapplicazione della norma nazionale da parte del giudice si inseris11ce in un contesto coerente e tendenzialmente unitario, quale quello proprio del sistema di tutela giurisdizionale offerto dall’ordinamento, che – attraverso il ricorso ai mezzi di impugnazione ordinaria e straordinaria – garantisce uniformità di applicazione della norma sul territorio nazionale, laddove la disapplicazione vincolata ed automatica disposta dalle singole pubbliche amministrazioni determinerebbe una situazione caotica ed eterogenea, nonché caratterizzata in ipotesi da disparità di trattamento tra gli operatori a seconda del Comune di riferimento.

In conclusione rileva il Collegio che risulterebbe del tutto illogico ritenere che il potere di disapplicazione della legge nazionale, attribuito prudentemente al giudice dall’ordinamento interno e dall’ordinamento euro-unionale e supportato all’uopo dalla specifica attribuzione di poteri ad esso funzionali e prodromici, si ritenesse viceversa sic et simpliciter attribuito in via automatica e addirittura vincolata al dirigente comunale, che non dispone (e non a caso) della possibilità di ricorrere all’ausilio di tali facoltà.

Dunque, sembrerebbe che la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia inoltre gli investimenti in un settore chiave per l’economia italiana e che sta già risentendo in maniera acuta dell’impatto della pandemia da COVID-19. Scoraggiando gli investimenti nei servizi ricreativi e di turismo balneare, l’attuale legislazione italiana impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico italiano. La modernizzazione è ulteriormente ostacolata dal fatto che la legislazione italiana rende di fatto impossibile l’ingresso sul mercato di nuovi ed innovatori fornitori di servizi. 12

Inoltre, anche in tempi meno recenti va segnalata la pronuncia Corte dei Conti Sent. 13/05/2005, n. 5, secondo la quale “le concessioni di beni pubblici vanno sottoposte ai principi dell’evidenza pubblica che impongono l’espletamento di una gara tra più soggetti interessati, anche nella ipotesi in cui il procedimento inizi non già per volontà dell’amministrazione bensì sulla base di una specifica richiesta di uno dei soggetti interessati all’utilizzo del bene, considerato che il risultato del procedimento consiste nel consentire ad un imprenditore di operare sul mercato in vista di una possibilità di lucro, con conseguente necessità di assicurare una procedura competitiva ispirata ai principi comunitari di trasparenza e non discriminazione”.13

Dunque, con riguardo alla decisione della Commissione Europea nei confronti dell’Italia, si evince che, l’opzione legislativa italiana ha spinto la Commissione europea ad inviare all’Italia lo scorso 3 dicembre 2020 una lettera di costituzione in mora da intendersi il primo atto ufficiale di una nuova procedura di infrazione avviata a distanza di circa dodici anni dalla precedente. Nel mezzo, innumerevoli modifiche legislative, interventi della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e della stessa Corte di giustizia, più o meno chiarificatori dei contenuti e dei limiti della disciplina di un settore che non ha mai avuto una regolamentazione organica nonostante gli impegni ufficiali assunti dal nostro Paese anche con le Istituzioni europee. Eppure, mai come oggi, una disciplina certa, sostenibile ed affidabile sarebbe auspicabile per l’Italia atteso che il bene demaniale marittimo assume un sempre maggiore rilievo nell’offerta turistica dello Stato, presentandosi come un’“occasione di guadagno” per gli imprenditori operanti sul mercato e dunque come autentico volano per l’economia del nostro Paese.14

La decisione dell’Unione, mirata a salvaguardare la corretta applicazione del diritto europeo, è stata ufficialmente riassunta come quanto segue: “Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. L’obiettivo è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati – attuali e futuri – la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate, di promuovere l’innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo allo stesso tempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse. In una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. L’Italia non ha attuato la sentenza della Corte. […] Inoltre, l’Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione». E così, «la Commissione ritiene che la normativa italiana, oltre a essere incompatibile con il diritto dell’UE, sia in contrasto con la sostanza della sentenza della CGUE sopra menzionata e crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane». Infine, viene stabilito che «l’Italia dispone ora di 2 mesi per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato”.


  1. Le cause riunite, C‑458/14 e C‑67/15, hanno avuto ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia) e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Italia), con decisioni, rispettivamente, del 5 marzo 2014 e del 28 gennaio 2015, pervenute in cancelleria il 3 ottobre 2014 e il 12 febbraio 2015, nei procedimenti Promoimpresa Srl (C‑458/14) contro Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro, Regione Lombardia, e Mario Melis e altri (C‑67/15) contro Comune di Loiri Porto San Paolo, Provincia di Olbia Tempio, nei confronti di Alessandro Piredda e altri.
    Dalla sentenza emerge chiaramente che le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonché degli articoli 49, 56 e 106 TFUE. Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie. Nella prima controversia (causa C‑458/14) la Promoimpresa Srl si contrappone al Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro (Italia) (in prosieguo: il «Consorzio») e alla Regione Lombardia (Italia) in merito, in primo luogo, alla decisione del Consorzio di negare alla Promoimpresa il rinnovo di una concessione di cui essa beneficiava ai fini dello sfruttamento di un’area demaniale e, in secondo luogo, alla decisione della Giunta Regionale Lombardia di assoggettare l’attribuzione delle concessioni demaniali a una procedura di selezione comparativa. Nella seconda controversia (causa C‑67/15) il sig. Mario Melis e a. si contrappongono al Comune di Loiri Porto San Paolo (Italia) (in prosieguo: il «Comune») e alla Provincia di Olbia Tempio (Italia) in merito a decisioni relative all’approvazione del piano di utilizzo del litorale e all’attribuzione di concessioni di beni del demanio marittimo nonché a misure con cui la polizia municipale ha ordinato al sig. Melis e a. di rimuovere talune attrezzature dal demanio marittimo.
    Si veda Document 62014CJ0458, in eur-lex.europa.eu ↩︎
  2. Millefiori N., Il TAR Lecce sulla proroga delle concessioni demaniali marittime, in PAUSANIA, Rivista di Diritto Urbanistico (https://www.pausania.it/il-tar-lecce-sulla-proroga-delle-concessioni-demaniali-marittime-niccolo-millefiori/) ↩︎
  3. La Corte (Quinta Sezione) sul punto ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. Inoltre la stessa Corte ha dichiarato che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo. ↩︎
  4. Guerra M. A., Concessione scaduta: stabilimenti balneari rischiano sequestro penale, Cassazione penale, sez. III, sentenza 12/06/2019 n° 25993, in Altalex ↩︎
  5. Con riferimento alle concessioni demaniali marittime aventi scopo ricreativo e turistico, in relazione al meccanismo di proroga automatica e ai principi comunitari in materia di libera competizione economica, e soprattutto alla luce della pronuncia della Corte di Giustizia in merito al caso Promoimpresa-Melis, si veda Corte di giustizia, sez. V, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15: «L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati». «L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo». ↩︎
  6. Ut supra ↩︎
  7. Si veda anche Corte Cost. 157 del 2017: secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, “i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime devono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, ambiti da ritenersi estranei, in via di principio, alle possibilità di intervento legislativo delle Regioni” ↩︎
  8. Dinanzi ad un contrasto tra diritto nazionale e diritto comunitario, la sentenza 7874 del 18 novembre 2019 del Consiglio di Stato ha sancito che sia necessario disapplicare le norme interne che sanciscono automatiche proroghe delle concessioni demaniali marittime, disponendo che: “è ormai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale la disapplicazione della norma nazionale confliggente con il diritto euro unitario, a maggior ragione se tale contrasto è stato accertato dalla Corte di giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l’apparato amministrativo e per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro unitario (cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3072)”. ↩︎
  9. Sul punto, occorre richiamare la sentenza n. 7874-2019 del Consiglio di Stato, dalla quale si evince quanto segue: “Fermo tutto quanto si è fin qui illustrato il Collegio deve farsi carico di rammentare che la tesi prevalente in giurisprudenza, allo stato e condivisa dal Collegio, tende ad affermare che il provvedimento amministrativo adottato dall’amministrazione in applicazione di una norma nazionale contrastante con il diritto euro unitario non va considerato nullo, ai sensi dell’art. 21-septies l. 241/1990 per difetto assoluto di attribuzione di potere in capo all’amministrazione procedente, sebbene alla medesima amministrazione, per quanto sia sopra riferito, e fatto carico dell’obbligo di non applicare la norma nazionale contrastante con il diritto euro unitario, in particolar modo quando tale contrasto sia sancito in una sentenza della Corte di giustizia UE. Per effetto di tale prevalente orientamento, quindi, la violazione del diritto euro unitario implica solo un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto dell’atto amministrativo con il diritto interno, sussistendo di conseguenza l’onere di impugnare il provvedimento contrastante con il diritto europeo dinanzi al giudice amministrativo entro il termine di decadenza, pena l’inoppugnabilità del provvedimento medesimo” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 8 settembre 2014 n. 4538).
    “Dal punto di vista del diritto interno, la nozione di concorrenza non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, che comprende interventi regolativi, la disciplina antitrust e misure destinate a promuovere un mercato aperto e in libera concorrenza. Quando l’art. 117, secondo comma, lettera e), affida alla potestà legislativa esclusiva statale la tutela della concorrenza, non intende certo limitarne la portata ad una sola delle sue declinazioni di significato. Al contrario, proprio l’aver accorpato, nel medesimo titolo di competenza, la moneta, la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema valutario, i sistemi tributario e contabile dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e, appunto, la tutela della concorrenza, rende palese che quest’ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali.
    Una volta riconosciuto che la nozione di tutela della concorrenza abbraccia nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude interventi promozionali dello Stato, si deve tuttavia precisare che una dilatazione massima di tale competenza, che non presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti, rischierebbe di vanificare lo schema di riparto dell’art. 117 Cost., che vede attribuite alla potestà legislativa residuale e concorrente delle Regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico. Si tratta allora di stabilire fino a qual punto la riserva allo Stato della predetta competenza trasversale sia in sintonia con l’ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla revisione del Titolo V. È il criterio sistematico che occorre utilizzare al fine di tracciare la linea di confine tra il principio autonomistico e quello della riserva allo Stato della tutela della concorrenza.” (Corte Cost., sent. n. 14 del 2004). ↩︎
  10. Con la sentenza in questione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che le concessioni demaniali marittime debbano essere necessariamente messe a gara. Difatti, l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 essere interpretato nel senso che è una misura nazionale non può prevedere che le concessioni per l’esercizio delle attività turistico ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico, in assenza di qualsiasi procedura di selezione volta scegliere in modo imparziale e trasparente i potenziali candidati. ↩︎
  11. Sul punto, occorre chiarire che il provvedimento amministrativo adottato in conformità alla legge nazionale ma in violazione di direttiva auto esecutiva o di regolamento U.E., secondo l’orientamento giurisprudenziale largamente prevalente, costituisce atto illegittimo e non già atto nullo, con conseguente sua annullabilità da parte del Giudice Amministrativo (previa disapplicazione della norma nazionale), su eventuale ricorso che potrà essere proposto da un soggetto per il quale ricorrano i presupposti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere. Per il caso di conflitto della norma nazionale con norma comunitaria immediatamente efficace ed esecutiva deve quindi ritenersi sussistere l’obbligo di disapplicazione della norma interna in favore di quella U.E., interpretata nel senso vincolativamente indicato da eventuale sentenza della C.G.U.E. La disapplicazione, tuttavia, non può essere operata dalla Pubblica amministrazione e la norma nazionale, ancorché in conflitto con quella euro-unionale, risulta pertanto vincolante per la stessa P.A., che sarà tenuta ad osservare la norma di legge interna e ad adottare provvedimenti conformi e coerenti con la norma di legge nazionale. È pertanto illegittimo il provvedimento del Comune con cui si è determinato l’annullamento in autotutela della proroga della concessione demaniale marittima di titolarità della ricorrente già assentita fino all’anno 2033, in quanto ritenuto adottato in violazione del diritto comunitario e della direttiva cd. servizi.
    Si veda “Il TAR Lecce si esprime sulla disapplicazione della norma interna per conflitto con la norma euro Unionale” sulla rivista giuridica Il Diritto Amministrativo, https://www.ildirittoamministrativo.it/home. ↩︎
  12. Cit. in Commissione Europea, Bruxelles, 3.12.2020, 2020/4118, C(2020) 7826 ↩︎
  13. Sul punto, da come emerge dalla Deliberazione n. 5/2005/P, Corte dei conti Sezione del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato II Collegio nell’adunanza del 14 aprile 2015, si evincono due principi:
    1. “in generale, per i contratti stipulati da pubblici soggetti in settori non regolamentati sul versante europeo, il diritto comunitario considera il ricorso alla scelta diretta, in deroga ai principi di trasparenza e di concorrenza, quale evenienza eccezionale, giustificabile solo in presenza di specifiche ragioni tecniche ed economiche, necessitanti di adeguata motivazione, che rendano impossibile in termini di razionalità l’individuazione di un soggetto diverso da quello prescelto, ovvero che evidenzino la non rilevanza di un’operazione sul piano della concorrenza nel mercato unico europeo. Alla stregua dei principi comunitari fin qui tratteggiati, si ricava, infatti, come le pubbliche amministrazioni, che intendono stipulare contratti non regolamentati sul piano europeo, pur non essendo vincolate da regole analitiche in punto di pubblicità e di procedura, siano comunque tenute ad osservare criteri di condotta che, in proporzione alla rilevanza economica della fattispecie ed alla sua pregnanza sotto il profilo della concorrenza nel mercato comune, consentano senza discriminazioni su base di nazionalità e di residenza, a tutte le imprese interessate di venire per tempo a conoscenza dell’intenzione amministrativa di stipulare il contratto e di giocare le proprie chances competitive attraverso la formulazione di un’offerta appropriata”;
    2. “in particolare, anche nell’eventualità di concessioni non assoggettate alla prescrizioni dettate da specifiche direttive o norme interne, la scelta del concessionario deve di regola essere conseguente a una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal trattato istitutivo, in modo da consentire, anche attraverso idonee forme di pubblicità, la possibilità da parte delle imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative.” ↩︎
  14. Dai rilievi mossi da Guzzo G. e Palliggiano R., in Concessioni demaniali marittime e rapporto concessorio tra esigenza di tutela del privato e salvaguardia delle norme eurounitarie ↩︎


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