Le FER fonti energetiche rinnovabili.

Le FER, ovvero le Fonti di Energia Rinnovabile, sono le fonti energetiche che si rigenerano naturalmente ed in tempi brevi. A differenza delle fonti fossili -come carbone, petrolio e gas naturale- l’energia del sole, del vento, delle biomasse, del calore naturale della terra, dei flussi di acqua non si esauriscono con l’uso e sono decisamente meno impattanti delle fonti energetiche tradizionalli. Le FER, dunque, giocano un ruolo centrale nella transizione ecologica perché la loro implementazione riduce le emissioni di gas serra, sono sostenibili e aiutano a diversificare l’approvvigionamento energetico. FER Fonti Energetiche Rinnovabili: evoluzione dei criteri di localizzazione e del procedimento di autorizzazione.

Il regime amministrativo degli impianti FER: procedimenti autorizzativi e localizzazione.

Proprio per questo motivo il nostro Legislatore, nell’ultimo ventennio, ha favorito, e continua ad incentivare, la diffusione degli impianti FER.  Il favor legislativo verso gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in ossequio al principio unionale della massima diffusione degli impianti FER, ha introdotto, nel tempo, una disciplina autorizzatoria improntata alla semplificazione amministrativa ed all’unicità del procedimento autorizzativo. 

Prima con l’emissione del D.Lgs. n. 387/2003 che ha introdotto l’Autorizzazione Unica per gli impianti FER, poi con il D.lgs. n. 28/2011 che in recepimento della prima direttiva europea RED I (Dir. 2009/28/CE da cui sono discesi l’obbligo di recepimento e gli obiettivi FER entro il 2020) ha introdotto i PAS e definito i criteri della Procedura Autorizzativa Semplificata ed infine con il D.Lgs.  n. 199/2021, in recepimento della RED II (Dir. 2018/2001/UE -nuovi target FER al 2020 ed ulteriore semplificazione autorizzativa), che ha delineato le aree idonee alla installazione degli impianti FER e semplificato i procedimenti autorizzativi), il Legislatore nazionale ha certamente imposto un’accelerazione alla diffusione degli impianti FER.   

Ciò se da un lato ha contribuito in maniera importante ad avvicinare gli obiettivi europei sulle FER fonti energetiche rinnovabili, dall’altro ha indubbiamente comportato una costante e continua “frizione” tra la presenza degli impianti FER e le regole a protezione di beni e valori costituzionalmente garantiti come la tutela del paesaggio e dell’ambiente (art. 9 Cost.).

Ne viene che, proprio in sede di autorizzazione degli impianti alimentati da FER, è più che mai necessario operare un delicato bilanciamento tra la tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e la crescita degli impianti FER.

Cenni di Giurisprudenza

E’ interessante notare come il Giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi sempre più di sovente sul rapporto tra proposte di impianti FER fonti energetiche rinnovabili e la tutela ambientale, seppur fermo nel garantire tutela a valori di rango costituzionale, non ha mancato di riconoscere che la diffusione delle FER contribuisce alla riduzione delle emissioni inquinanti ed alla diversificazione energetica.

– la diffusione delle FER non può prevalere in modo assoluto sull’esigenza di tutela costituzionale del paesaggio soprattutto se nessuna disposizione statale o europea riconosce detta prevalenza e, inoltre, l ’ art. 4, D.Lgs. n. 387/2003 cit. dispone che il raggiungimento degli obbiettivi internazionali in materia deve comunque avvenire nel rispetto delle tutele di cui all ’ art. 9 Cost. (Cass. civ., SS.UU., n. 2731/2017).

– deve ritenersi conforme alla legge l’adozione di provvedimenti che, nel rapporto tra il principio di precauzione e il principio del sostegno alle energie rinnovabili (FER), reputi prevalente il principio di precauzione (Cass. civ., SS.UU., n. 2186/2024 );

– non si rileva manifesta irragionevolezza o arbitrarietà nella scelta di dare prevalenza alla tutela ambientale poiché, a fronte della significativa maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, in linea con gli impegni assunti a livello internazionale, emerge la possibile compromissione di valori paesaggistici, in un contesto già fortemente antropizzato (per la presenza di analoghi impianti) ed in assenza di un pregiudizio diretto a beni vincolati (CDS n. 3202/2024);

– se da un lato spesso viene affermato il possibile contrasto tre le esigenze di promozione delle FER e tutela paesaggistica, dall’ altro la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici ed ancor prima ambientali (CDS n. 5159/2020).

Dunque, sembra di poter affermare che la regola della massima diffusione della FER -che resta il principio di fondo- qualora si ponga in contrasto con esigenze di tutela ambientale-paesaggistica deve arrestare la sua diffusione e riflettere sulla possibilità di bilanciamento.

La sede deputata alla composizione dei contrasti tra i principi di salvaguardia ambientale-paesaggistica con quelli della diversificazione energetica e della decarbonizzazione nonché dei conflitti tra i molteplici interessi coinvolti (pubblici e privati) è, ancora una volta, il procedimento amministrativo autorizzativo.

Già con l’art. 12 del D.Lgs. 387/2003 (“Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, abrogato dal D.lgs. 190/2024) in tema di autorizzazione unica per le FER fonti energetiche rinnovabili, il Legislatore nazionale aveva affidato alla Conferenza dei Servizi convocata dalla Regione o dal Ministero dello sviluppo economico il “rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”.

E proprio per via dell’importanza primaria degli interessi coinvolti è stato sin da subito chiarito che il provvedimento conclusivo avrebbe dovuto recare, soprattutto in caso di esito negativo,  una motivazione rafforzata.

Sicché, l’eventuale provvedimento di diniego o di accoglimento con prescrizioni di una installazione FER , all’esito di una VIA o in una autorizzazione paesaggistica, deve recare una motivazione particolarmente puntuale, dettagliata, contestuale che indichi le concrete ragioni del diniego: “la mera affermazione di un impatto estetico non basta per giustificare un diniego”; essendo, invece, necessaria una comparazione dettagliata con eventuali alternative più favorevoli (CDS n. 5159/2020).

Sentenze recenti hanno, altresì, chiarito che la Pubblica Amministrazione in sede di procedimento autorizzativo non può limitarsi a criteri tipizzati, ma deve procedere valutando caso per caso ogni proposta, specie quando il progetto non incide direttamente su beni vincolati.

E quindi, non è correttamente motivato il provvedimento di diniego della Soprintendenza allorquando neghi l’istallazione di un parco eolico per la vicinanza con altro parco eolico nella medesima area in quanto: “la realizzazione di due parchi eolici nella stessa area d’intervento determinerebbe, in ogni caso, un effetto selva non compatibile con il contesto paesaggistico tutelato” senza entrare nel merito della valutazione del progetto proposto e senza considerare specificamente le caratteristiche dell’intervento proposto (CDS n. 10664/2022).

Come non è legittimo-per genericità di motivazione- il provvedimento che preveda di sottoporre alla VIA un progetto di realizzazione di un campo fotovoltaico soltanto perché detto intervento comporta “consumo di suolo”. Detta motivazione qualora ritenuta idonea determinerebbe la sottoposizione a VIA di tutti gli impianti FER soltanto perché installati al suolo (TAR Molise n. 161/2023).   

I procedimenti autorizzativi e la localizzazione degli impianti FER

Nel 2010, il Ministero dell’Ambiente ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali adottavano, di concerto, il Decreto 10 settembre 2010 noto come Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

Le linee guida del 2010

Le linee guida del 2010 in materia di aree idonee per l’installazione degli impianti FER fonti energetiche rinnovabili venivano emanate in attuazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 ed avevano lo scopo di armonizzare e semplificare le procedure autorizzative, nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio.

In merito alle aree idonee, le linee guida del 2010 non indicavano esplicitamente quali fossero le aree idonee ma delegavano alle Regioni la definizione delle aree e dei siti non idonei all’installazione di impianti FER. Fornivano, dunque, i criteri generali per guidare le Regioni in tale definizione, come la tutela del paesaggio, dell’ambiente, del patrimonio culturale e la compatibilità con altri usi del territorio.

Le Regioni dovevano identificare le aree non idonee (es. aree protette, di particolare pregio ambientale o culturale), individuare le aree dove l’installazione è più opportuna ma non erano obbligate a definire direttamente le aree “idonee”. Non si identificavano in modo positivo le “aree idonee” ma si promuoveva, piuttosto, l’individuazione da parte delle Regioni delle aree “non idonee” con criteri omogenei da seguire in tutto il territorio nazionale, lasciando un certo margine di autonomia locale.

Le linee guida miravano a garantire la coerenza con gli strumenti urbanistici, la salvaguardia degli interessi ambientali, paesaggistici e culturali ed una maggiore certezza giuridica per gli operatori del settore.

Le Regioni, in buona sostanza, potevano individuare aree non idonee in base ai criteri stabiliti dalle Linee guida (par. 17 e Allegato 3) che non vietavano in modo assoluto ma segnalavano una probabilità elevata di esito negativo. La sola localizzazione al di fuori delle aree vincolate non garantiva automaticamente la compatibilità paesaggistica ma il diniego in area formalmente “idonea” richiedeva motivazione specifica.

Nel 2021 è stato introdotto il D.lgs. 8 novembre 2021, n. 199Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”.

Il D.Lgs. n. 199/2021

Il D.lgs 199/2021 (attuativo della Direttiva RED II – Direttiva UE 2018/2001), entrato in vigore il 15 dicembre 2021, ha introdotto importanti novità per favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia, puntando alla semplificazione ed alla accelerazione delle autorizzazioni, con un ruolo chiave delle Regioni nell’individuazione delle aree idonee e non idonee.

L’art. 20 del decreto n. 199/21 positivizza la localizzazione degli impianti FER ed individua le cd. aree idonee.

Il decreto in parola definisce a livello statale i criteri generali per l’individuazione delle aree idonee, ossia territori in cui la realizzazione di impianti FER può avvenire con procedure autorizzative semplificate.

Stabilisce che le Regioni e le Province autonome devono individuare, entro 180 giorni dall’adozione di un decreto attuativo (da parte di MITE e MiC, poi confluito nel MASE), le specifiche aree idonee all’interno dei loro territori.

Le aree idonee possono comprendere aree già destinate ad usi industriali, artigianali, commerciali, aree in prossimità di infrastrutture esistenti, aree già degradate o compromesse ed aree già occupate da impianti FER.

Altra novità è rappresentata da quanto previsto all’art. 20, comma 8: il cd. divieto di sospensione dei procedimenti. In pratica viene vietata la sospensione o l’interruzione dei procedimenti autorizzativi in attesa dell’individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni. Ciò significa che le Regioni non possono bloccare o rallentare i procedimenti autorizzativi con la giustificazione di non aver ancora individuato formalmente le aree idonee. Questo divieto è stato pensato per evitare stalli autorizzativi e garantire la continuità e la certezza delle iniziative progettuali anche in assenza della pianificazione regionale aggiornata.

Tornando ai criteri di localizzazione degli impianto FER, anche se il decreto, all’art. 20, commi 4 e 5, non usa esplicitamente il termine “aree non idonee”, consente alle Regioni, nell’ambito della pianificazione di escludere specifiche aree dalla realizzazione di impianti FER, purché la decisione sia motivata e non comprometta il raggiungimento degli obiettivi nazionali di energia rinnovabile. Le esclusioni devono comunque essere proporzionate, non discriminatorie, e basate su criteri ambientali, paesaggistici o culturali.

Per evitare un’eccessiva frammentazione dei criteri per la localizzazione delle FER è previsto un sistema di coordinamento nazionale: l’art. 20, comma 2 e seguenti affida alla decretazione ministeriale criteri uniformi nazionali per individuare le aree idonee (decreto emanato nel 2023).

Le Regioni a cui il Decreto 199/2021 attribuisce il compito di individuare le aree idonee e, indirettamente, anche quelle da escludere. L’articolo 20 stabilisce che le Regioni e le Province autonome sono responsabili dell’individuazione di tali aree, seguendo principi e criteri omogenei definiti a livello nazionale.

Secondo l’articolo 20, comma 4, le Regioni devono individuare le aree idonee per le FER Fonti Energetiche Rinnovabili tenendo conto dei seguenti criteri generali:

Tutela del patrimonio culturale e del paesaggio: sono escluse le aree di particolare valore storico, artistico o paesaggistico;

Aree agricole e forestali: si privilegia l’uso di superfici non agricole o degradate, come capannoni industriali, parcheggi, aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica;

Qualità dell’aria e dei corpi idrici: devono esser evitate zone con problematiche ambientali significative.

Superfici agricole non utilizzabili: si verifica l’idoneità di aree agricole non utilizzabili per altri scopi.

Inoltre, il comma 8 dell’articolo 20 elenca specifiche aree considerate idonee “ope legis” (per legge), tra cui:

  • Siti già dotati di impianti FER della stessa tipologia, in cui si effettuano interventi di modifica non sostanziale.
  • Aree di siti oggetto di bonifica ai sensi del Decreto Legislativo 152/2006.
  • Cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate, in condizioni di degrado ambientale.
  • Siti e impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie, nonché delle società concessionarie autostradali.

Fascia di rispetto: il comma 8, lettera c-quater, stabilisce che le aree non ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Decreto Legislativo 42/2004 e non ricadenti nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela sono considerate idonee. Per gli impianti eolici, la fascia di rispetto è di 7 km, mentre per gli impianti fotovoltaici è di 1 km. Tuttavia, con la modifica introdotta dal Decreto Legge 13/2023, la fascia di rispetto per gli impianti eolici è stata ridotta a 3 km, mentre per gli impianti fotovoltaici è stata ridotta a 500 metri .

Procedura autorizzativa: il comma 7 dell’articolo 20 stabilisce che le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti FER Fonti Energetiche Rinnovabili, in sede di pianificazione territoriale o in singoli procedimenti, esclusivamente per la mancata inclusione nel novero delle aree idonee. Ciò implica che, in attesa della pianificazione regionale, i procedimenti autorizzativi non devono essere sospesi.

Il D. Lgs. N. 190/2024: il cd. Testo Unico delle Fonti Energetiche Rinnovabili

In ossequio all’art. 26 della L. 5 agosto 2022, n. 18 (Delega al Governo per la revisione dei procedimenti amministrativi in funzione di sostegno alla concorrenza e per la semplificazione in materia di fonti energetiche rinnovabili), il Consiglio dei Ministri del 25 novembre 2024 ha approvato Decreto Legislativo n. 190/2024 (in Gazz. Uff. 12 dicembre 2024, n. 291) “Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili”.

Il cd. Testo Unico delle FER Fonti Energetiche Rinnovabili intende accelerare ulteriormente il passo dell’Italia al fine di poter conseguire l’obiettivo della transizione energetica delineato nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e nella Direttiva RED III (Direttiva UE 2023/2413).

Art. 1, Oggetto e finalità.

Gli obiettivi e le finalità del TU sono indicati all’art. 1 laddove il decreto definisce i regimi amministrativi per la costruzione e la gestione di impianti a fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento o rifacimento (anche parziale) degli stessi e per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili.

Ribadisce che restano in vigore le norme urbanistiche e tecniche edilizie del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001), necessarie per ottenere i titoli edilizi relativi alle opere connesse, e che si applicano anche le norme sulla sicurezza delle costruzioni contenute nel Capo VI del Titolo IV del DPR 380/2001, che riguardano aspetti come la stabilità e la sicurezza delle strutture.

Precisa, inoltre, il ruolo delle regioni e degli enti locali che sono obbligate ad adeguarsi ai principi del decreto entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore e che possono stabilire regole particolari per l’ulteriore semplificazione dei regimi amministrativi disciplinati dal presente decreto, anche consistenti nell’innalzamento delle soglie di potenza previste per gli interventi di cui agli allegati A e B.

Art. 2, Principi generali e Art. 3, Interesse pubblico prevalente

Gli articoli 2 e 3 dettano i principi generali della materia, chiariscono che il riassetto normativo amministrativo deve necessariamente rispettare i principi di sussidiarietà, ragionevolezza e proporzionalità (art. 2 comma 1) e comporta che gli interventi FER ed i relativi i regimi amministrativi:
– siano considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti;
– si uniformano ai principi di celerità, omogeneità della disciplina procedimentale sull’intero territorio nazionale e non aggravamento degli oneri; ai principi del risultato, di fiducia, della buona fede e dell’affidamento e dell’equa ripartizione nella diffusione delle fonti rinnovabili sul territorio.
I procedimenti amministrativi devono garantire la pubblicità, la trasparenza e la partecipazione dei soggetti interessati nonché la concorrenza fra gli operatori;
– gli impianti FER possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 20, comma 1-bis, d.lgs.199/2021 – introdotto dal DL 63/2024, convertito nella legge 101/2024, per limitare drasticamente l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone agricole;
– in tema di localizzazione degli stessi nelle cd. aree idonee sono previsti limiti: nell’ubicazione in area agricola si deve tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale;
– rispetto del principio once only, vale a dire che non possono essere richieste dalle amministrazioni o dai privati gestori di pubblici servizi dichiarazioni, segnalazioni, comunicazioni o autorizzazioni già in possesso dei medesimi soggetti.

L’art. 3 ribadisce che gli interventi FER sono considerati di interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 16-septies della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018: ciò comporta la loro prevalenza in sede di ponderazione degli interessi, salva la presenza di una valutazione negativa di compatibilità ambientale o prove evidenti che essi abbiano effetti negativi significativi sull’ambiente, sulla tutela della biodiversità, sul paesaggio, sul patrimonio culturale e sul settore agricolo. Si tiene comunque sempre conto di quanto previsto dall’art. 20 del d.lgs.199/2021 con riferimento alla tutela e valorizzazione del settore agricolo.

Vengono comunque rinviati a nuovi decreti da emanarsi i casi di esclusione di tale attribuzione di interesse pubblico prevalente per determinate parti del territorio ovvero per determinati tipi di tecnologia o di progetti con specifiche caratteristiche tecniche; è fatta salva l’individuazione delle aree idonee e non idonee ex art. 20 citato.

Art. 5, Digitalizzazione e mappatura delle aree destinate ad impianti FER

L’art. 5 detta disposizioni di coordinamento in tema digitalizzazione delle procedure amministrative e modelli unici (avvio e collegamento con la piattaforma SUER). Si ricorda, infatti, che con d.m. 368 del 23 ottobre 2024 è avvenuta l’istituzione dello Sportello unico energie rinnovabili (SUER), che dovrà essere utilizzato dalle imprese per presentare, secondo un modello unico in fase di gestazione, tutte le domande di autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Il sistema è ospitato sul sito internet istituzionale del Gestore dei servizi energetici (GSE), il quale fornisce anche il supporto informatico agli utenti e alle P.A. responsabili della gestione delle domande di autorizzazione.

Entro il 21 maggio 2025, il Decreto 190/2024 impone al GSE di pubblicare nel proprio sito internet una mappatura del territorio nazionale individuando il potenziale nazionale e le aree disponibili per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ciò al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di energia da fonti rinnovabili come delineati dal PNIEC al 2030.

Art. 6, Regimi amministrativi

L’art. 6 individua tre regimi amministrativi:
a) attività libera (disciplinata all’art. 7);
b) PAS -procedura abilitativa semplificata (disciplinata all’art. 8);
c) AU – autorizzazione unica (disciplinata all’art. 9).

Gli allegati A, B e C al decreto individuano gli interventi realizzabili, rispettivamente, secondo il regime dell’attività libera, della procedura abilitativa semplificata e dell’autorizzazione unica.

Art. 7, Attività libera

A differenza del precedente regime (ove era necessaria una comunicazione relativa alle attività in edilizia libera), per l’attività libera -ossia per la  realizzazione degli interventi di cui all’allegato Ail nuovo T.U. non si richiede alcuna dichiarazione o atto di assenso, ma soltanto una presentazione del modello unico (di cui al comma 10). Il progetto deve essere in linea con gli strumenti urbanistici ed i proponente deve già essere nella disponibilità della superficie interessata dall’intervento (comma 1);

Gli interventi dell’allegato che ricadano su beni culturali o beni paesaggistici diversi da quelli sopraindicati (aree tutelate per legge) o aree naturali protette o siti della Rete Natura 2000 sono, invece, espressamente assoggettati alla PAS (comma 2);

Le regioni possono disciplinare l’effetto cumulo derivante dalla realizzazione di più impianti ponendo regole che contrastino l’artato frazionamento degli interventi (comma 3);

Se gli interventi insistono su  aree sottoposte a vincolo paesaggistico ex art. 136, comma 1, lettere b) (ville, giardini e parchi tutelati come beni paesaggistici che si distinguono per la loro non comune bellezza) e c) (complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri e i nuclei storici) del d.lgs. 42/2004, la realizzazione verrà consentita soltanto previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, che dovrà esprimersi entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza di autorizzazione (con riduzione dell’attuale termine previsto di 45 giorni), decorsi i quali l’autorizzazione si intende rilasciata in senso favorevole e senza prescrizioni ed il provvedimento di diniego adottato dopo lo scadere del termine è inefficace (comma 4 e comma 5);

Altra importante semplificazione è prevista per gli interventi su aree e immobili vincolati ex art. 136, comma 1, lettera c) del d.lgs. 42/2004 non siano visibili dagli spazi esterni e dai punti di vista panoramici o, per gli impianti fotovoltaici, le cui coperture e manti siano realizzati in materiali della tradizione locale, per i quali non è necessaria alcuna autorizzazione paesaggistica (comma 6);

Per gli interventi che prevedono l’occupazione di suolo non ancora antropizzato, il decreto prevede che il proponente corrisponda una cauzione a garanzia dell’esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di ripristino mediante la presentazione al Comune o Comuni territorialmente competenti di una garanzia bancaria o assicurativa; – comma 8: per gli interventi che interferiscono con opere pubbliche si applica la PAS; – comma 9: lo stesso esonero di cui al comma 6 è previsto anche per alcuni specifici interventi su impianti fotovoltaici esistenti (comma 7).

Art. 8, La procedura abilitativa semplificata (PAS)

La cd. procedura abilitativa semplificata riguarda progetti -di cui all’allegato B- che non sono sottoposti a valutazioni ambientali, ad eccezione dell’eventuale VINCA; se il progetto è assoggettato a VINCA, questa, deve essere acquisita prima della presentazione del progetto e resta, quindi, separata dal procedimento di PAS. Tali progetti sono presentati dal proponente al comune servendosi della piattaforma SUER (sportello unico energie rinnovabili) per trasmettere il modello unico adottato.

Il comma 1 ricorda che il regime PAS è precluso al proponente nel caso in cui lo stesso non abbia la disponibilità delle superfici per l’installazione dell’impianto o in assenza della compatibilità degli interventi con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti, nonché in caso di contrarietà agli strumenti urbanistici adottati. Inoltre, il titolo abilitativo decadrà in caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi entro un anno dal perfezionamento della procedura e di mancata conclusione dei lavori entro tre anni dall’avvio della realizzazione degli interventi. Per la realizzazione della parte non ultimata dell’intervento occorrerà una nuova PAS.

Il progetto, secondo il comma 4, deve essere integrato da una serie di dichiarazioni sostitutive ed asseverazioni (dalla lett. a alla lett. m), in particolare: di legittima disponibilità, a qualunque titolo e per tutta la durata della vita utile dell’intervento, della superficie su cui realizzare l’impianto e, qualora occorra, della risorsa interessata dagli interventi; asseverazioni di tecnici abilitati che attestino la compatibilità degli interventi con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti; nel caso di vincoli ex art. 20, comma 4 L. 241/1990, degli elaborati tecnici occorrenti all’adozione dei relativi atti di assenso; cronoprogramma degli interventi; misure di mitigazione ambientale previste; impegni di ripristino dei luoghi.

Si distinguono tre situazioni:

A) i casi di (unico) assenso comunale (comma 6): il decreto introduce il silenzio assenso in luogo del silenzio-inadempimento previsto dalla normativa vigente: qualora infatti, non venisse comunicato al soggetto proponente un espresso provvedimento di diniego entro il termine di trenta giorni dalla presentazione del progetto, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni. Il procedimento PAS prevede che il termine di trenta giorni possa essere sospeso una sola volta: qualora, infatti, entro trenta giorni dalla data di ricezione siano necessarie integrazioni documentali o approfondimenti istruttori, il procedimento è sospeso e viene assegnato un termine non superiore a trenta giorni. In tal caso, il termine riprende a decorrere dal trentesimo giorno o, se anteriore, dalla data di presentazione delle integrazioni o degli approfondimenti richiesti. La mancata presentazione delle integrazioni o degli approfondimenti entro il termine assegnato equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi;

B) gli interventi che richiedono uno o più atti di assenso rientranti nella competenza comunale (comma 7): qualora siano necessari gli atti di assenso di cui al comma 4, lett. e, ovverosia gli assensi riguardanti il vincolo culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la salute e la pubblica incolumità, i casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, i casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, il Comune è tenuto ad adottarli entro il termine di quarantacinque giorni dalla presentazione del progetto, decorso il quale senza che sia stato comunicato al soggetto proponente un provvedimento espresso di diniego, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni. In caso di necessità di integrazioni documentali o di approfondimenti istruttori, il termine di quarantacinque giorni può essere sospeso come sopra alla lettera “A)”.

C) gli interventi che richiedono l’assenso di amministrazioni diverse da quella procedente (comma 8): è prevista l’indizione da parte del comune procedente della conferenza di servizi, con alcune deroghe al procedimento vigente ex art. 14 e ss. L. 241/1990: a) convocazione della conferenza di servizi entro 5 giorni dalla presentazione del progetto; b) entro i successivi 10 giorni, la A.P. può fare richiesta motivata di integrazioni istruttorie al proponente, con sospensione del procedimento ed assegnazione di un termine non superiore a quindici giorni. In tal caso, il termine riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o, se anteriore, dalla data di presentazione delle integrazioni o degli approfondimenti richiesti. La mancata presentazione delle integrazioni o degli approfondimenti entro il termine assegnato equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi; b) entro il termine di 45 giorni dalla data di convocazione ogni amministrazione convocata deve rendere la propria determinazione. Decorso il termine senza che abbia espresso un dissenso congruamente motivato, si intende che non sussistano, per quanto di competenza, motivi ostativi alla realizzazione del progetto (silenzio assenso); c) decorso il termine di 60 giorni dalla data di presentazione del progetto senza che l’amministrazione procedente abbia comunicato la determinazione di conclusione negativa della conferenza, e senza che sia stato espresso un dissenso congruamente motivato da parte di un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili, che equivale a provvedimento di diniego dell’approvazione del progetto, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni.

Come da comma 9, decorso il termine senza che sia comunicato un provvedimento espresso di diniego, il soggetto proponente richiede la pubblicazione, sul BUR dell’avviso di intervenuto perfezionamento del titolo abilitativo, indicando la data di presentazione del progetto, la data di perfezionamento del titolo, la tipologia di intervento e la sua esatta localizzazione. Dalla data di pubblicazione, che avviene nel primo BUR successivo alla ricezione della richiesta, il titolo abilitativo acquista efficacia, è opponibile ai terzi e decorrono i relativi termini di impugnazione.

Secondo il comma 10, in caso di mancata comunicazione del diniego ai sensi dei commi 6, 7 e 8, lettera c), il comune è legittimato all’esercizio dei poteri di autotutela di cui all’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, da esercitare nel termine perentorio di sei mesi.

La PAS decadein caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi entro un anno dal perfezionamento della procedura e di mancata conclusione dei lavori entro tre anni dal loro avvio (comma 11).

Art. 9, Autorizzazione Unica

Gli interventi di cui all’allegato C sono soggetti al procedimento Autorizzatorio Unico, comprensivo, ove occorrenti, delle valutazioni ambientali di cui al d.lgs. 152/2006.

Nel caso di interventi sottoposti a VIA di competenza regionale: o si applica l’articolo 27-bis del d.lgs.152/2006 (PAUR); oppure, salva la facoltà per le Regioni e Province Autonome di optare per il procedimento autorizzatorio unico di cui all’articolo 9 in esame, la scelta del PAUR comporterà in ogni caso il rispetto di un termine complessivo di due anni per il rilascio di tutti i titoli che consentono la realizzazione dei progetti.

Il comma 2 dell’art. 9 precisa che i progetti sono presentati dal soggetto proponente:
– alla Regione per gli impianti sotto i 300 megawatt;
– al MASE
oltre tale soglia; il MASE è inoltre l’unica autorità competente per gli impianti off-shore.

Il comma 3, di poi, indica la documentazione a corredo necessaria per la procedibilità dell’istanza. Il progetto deve essere corredato:
– della documentazione e degli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per il rilascio delle autorizzazioni, intese, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi, comunque denominati, inclusi quelli per la valutazione di impatto ambientale, paesaggistica e culturale, e per gli eventuali espropri, ove necessari ai fini della realizzazione degli interventi;
– dell’asseverazione di un tecnico abilitato che dia conto, in maniera analitica, della qualificazione dell’area ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021.
– nei casi di progetti sottoposti a VIA, l’istanza deve contenere anche l’avviso al pubblico di cui all’articolo 24, comma 2, d.lgs. 152/2006.

Il comma 4 disciplina il procedimento di AU:
– entro 10 giorni dall’istanza, l’amministrazione procedente rende disponibile la documentazione ricevuta, in modalità telematica, a ogni altra amministrazione interessata;
– nei successivi 20 giorni, l’amministrazione procedente e ciascuna amministrazione interessata verificano, per i profili di rispettiva competenza, la completezza della documentazione e comunicano all’amministrazione procedente le integrazioni ritenute necessarie;
– entro i successivi 10 giorni, l’amministrazione procedente assegna al soggetto proponente un termine non superiore a 30 giorni per le necessarie integrazioni;

– per progetti particolarmente complessi è ammessa proroga del termine per le integrazioni per una sola volta e per un periodo non superiore a ulteriori 90 giorni. Qualora, entro il termine assegnato, il soggetto proponente non presenti la documentazione integrativa, l’amministrazione procedente adotta un provvedimento di improcedibilità dell’istanza ex art. 2 L. 241/1990.

Progetti non sottoposti a VIA, comma 5: fuori dai casi di progetti sottoposti a Valutazione Ambientale, è prevista la convocazione della conferenza di servizi entro 10 giorni dalla conclusione della fase di verifica della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni.

Progetti sottoposti a VIA, comma 6: per i progetti sottoposti a V.A., entro 10 giorni dalla conclusione della fase di verifica della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni, la A.C. per le valutazioni ambientali pubblica l’avviso di cui all’articolo 23 d.lgs. 152/2006. Dalla pubblicazione e per 30 giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni all’autorità competente per la VIA;

All’esito della consultazione, se necessario, la A.C. competente ha facoltà di assegnare al soggetto proponente un termine non superiore a 30 giorni per la trasmissione della documentazione modificata ovvero integrata. Nel caso in cui, entro il termine assegnato, il soggetto proponente non depositi la documentazione, l’amministrazione procedente adotta (deve adottare) un provvedimento di diniego dell’autorizzazione unica e non si applica l’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 (comma 7);

Entro 10 giorni dall’esito della consultazione o dalla data di ricezione della documentazione la Amministrazione Procedente procede alla convocazione della conferenza di servizi (comma 8).

Il comma 9 prevede che il termine di conclusione della conferenza per il rilascio dell’autorizzazione unica è di 120 giorni dalla data della prima riunione, sospeso per un massimo di 60 giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA e per un massimo di 90 giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA.

Il comma 10 dell’art. 9 in scrutinio specifica che la determinazione motivata favorevole di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico e deve recare indicazione esplicita che: a) comprende il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA, ove occorrente; b) comprende tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati necessari alla costruzione e all’esercizio delle opere relative agli interventi di cui al comma 1; c) costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Il parere del comune è rilasciato nell’ambito della conferenza. Nel caso di motivato dissenso al comune è data la possibilità di ricorrere al rimedio in opposizione di cui all’articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. d) è previsto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi a seguito della dismissione dell’impianto, con stima dei relativi costi e le relative garanzie finanziarie da prestare all’atto del rilascio dell’autorizzazione unica, nonché le eventuali compensazioni ambientali a favore dei comuni.

Il provvedimento autorizzatorio unico, come da comma 11,  è immediatamente pubblicato nel sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente e ha l’efficacia temporale, comunque non inferiore a quattro anni e decade in caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi, ma il proponente, per cause di forza maggiore, ha la facoltà di presentare istanza di proroga che, se presentata almeno 90 giorni prima della scadenza del termine comporta che il provvedimento di A.U. continui ad essere efficace sino alla concessione della proroga.

Art. 10, Coordinamento del regime concessorio

L’art. 10 stabilisce le regole da seguire quando, ai fini della realizzazione degli interventi, sia necessaria la concessione di superfici e, se necessario, di risorse pubbliche. La concessione è sottoposta alla condizione sospensiva dell’abilitazione o dell’autorizzazione unica: il titolare della concessione presenta la PAS o l’istanza di autorizzazione unica entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di rilascio della concessione medesima. Nel caso in cui il titolare della concessione non presenti la PAS o l’istanza di autorizzazione unica entro il termine, la concessione decade. È prevista la stipula con l’ente concedente di una convenzione a seguito del rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio e, da tale momento, sono dovuti i relativi oneri.

Anche in questo caso, la concessione rilasciata decade in caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi entro un anno dal perfezionamento della PAS di cui all’articolo 8 o entro il termine stabilito dall’autorizzazione unica.

Il soggetto proponente ha comunque la facoltà di richiedere all’autorità competente per le valutazioni ambientali che il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA sia rilasciato al di fuori del procedimento unico di cui all’articolo 9 (comma 14). Anche se non espressamente previsto dal decreto, appare ragionevole che tale facoltà di svolgere la V. Amb. al di fuori dell’AU spetti al proponente solo in caso di progetti sottoposti a VIA di competenza statale, in analogia a quanto previsto all’art. 27 del d.lgs. 152/2006.

Art. 11, Sanzioni amministrative in materia di costruzione ed esercizio di impianti  

Nel d.lgs. 190/2024 all’art. 11 si trova un riferimento alle sanzioni in cui incorre in solido il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori. Fermo restando il ripristino dei luoghi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria cui sono tenuti i trasgressori in solido, per un importo da euro 500 a euro 30.000 ove la costruzione e l’esercizio delle opere e impianti avvenga in assenza della PAS oppure in attività libera ma in violazione delle regole previste; da euro 1.000 a euro 150.000, ove la costruzione e l’esercizio delle opere e impianti avvenga in assenza dell’autorizzazione unica.

In caso di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 20, comma 1 bis d.lgs. 199/2021, ai trasgressori è irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra euro 1.000 ed euro 100.000.

Le sanzioni sono irrogate dal comune territorialmente competente.

Art. 12, Le Zone di accelerazione e disciplina dei relativi regimi amministrativi

Ild.lgs. 190/2024 con l’art. 12 introduce la disciplina delle cd. “zone di accelerazione”, ossia aree giudicate particolarmente adeguate allo sviluppo di progetti FER.

Entro il 21 maggio 2025, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi PNIEC al 2030, il GSE pubblica nel proprio sito internet una mappatura del territorio nazionale individuando il potenziale nazionale e le aree disponibili per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, delle relative infrastrutture e opere connesse e degli impianti di stoccaggio.

Entro il 21 febbraio 2026, sulla base della mappatura del GSE e nell’ambito delle aree idonee individuate ai sensi dell’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 2021, ciascuna Regione e Provincia Autonoma adotta un Piano di individuazione delle zone di accelerazione. Tale Piano è sottoposto a VAS. Il progetto FER collocato in queste zone beneficerà di misure di semplificazione avanzata, tra cui: l’esenzione dall’autorizzazione paesaggistica per i progetti degli allegati A e B (l’autorità competente esprime parere obbligatorio e non vincolante); l’esenzione dalla VIA per i progetti dell’allegato C nel caso in cui il proponente attui misure di mitigazione dell’impatto ambientale eventualmente prescritte dalla VAS.

Concludono il decreto gli artt. 13 e 14 di coordinamento, l’art. 15 relativo alle abrogazioni ed alla disciplina transitoria. Invarianza finanziaria ed entrata in vigore.

La Legge Regione Abruzzo n. 8/2025

Il Decreto Ministeriale 21 giugno 2024 ha stabilito che ogni Regione deve adottare una legge regionale entro il 30 dicembre 2024 per individuare le aree idonee e non idonee per le Fonti Energetiche Rinnovabili, in conformità con i criteri nazionali.

La regione Abruzzo, con la L.R. 25 marzo 2025, n. 8, “Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi e modifica alla l.r. 46/2019” dopo Sardegna e Friuli Venezia Giulia è la terza regione ad aver provveduto a dettare una disciplina organica per la individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile.

La legge si apre con la finalità di recepire la normativa nazionale ed europea, mirando a favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili sul territorio regionale attraverso una pianificazione coerente e sostenibile. Le aree vengono suddivise in quattro categorie: le Aree idonee (con iter accelerato); le aree non idonee (incompatibili per legge o per vincoli ambientali/culturali); le aree ordinarie (con regime autorizzativo standard) e le aree vietate (per fotovoltaico a terra in specifiche aree agricole).

Aree idonee: le aree ritenute idonee comprendono una serie di contesti territoriali ben delimitati, tra cui:

  • Siti già occupati da impianti rinnovabili che si intende modificare o potenziare (con limiti sull’ampliamento dell’area).
  • Aree oggetto di bonifica ambientale, cave e discariche abbandonate o ripristinate.
  • Siti in uso a società ferroviarie, autostradali e aeroportuali.
  • Porzioni agricole situate entro 500 metri da aree industriali, oppure vicine a infrastrutture come autostrade.
  • Aree agricole che ospitano impianti per comunità energetiche rinnovabili o autoconsumo fino a 1 MW.
  • Tetti di edifici pubblici, produttivi e residenziali, purché non sottoposti a tutela.

In tutti questi casi, la legge prevede che gli interventi siano soggetti a condizioni specifiche, come l’obbligo di ripristino ambientale da parte del titolare dell’impianto, eventualmente con modalità alternative approvate dall’autorità competente.

Aree non idonee: la Regione stabilisce che non possono essere installati impianti FER in:

  • Aree tutelate dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (con fasce di rispetto di 500 m per il fotovoltaico e 3 km per l’eolico).
  • Zone protette (es. Rete Natura 2000, parchi naturali nazionali e regionali).
  • Boschi riconosciuti dalla normativa regionale.
    Eccezioni sono previste per impianti su coperture (come tetti di edifici), anche se ricadono in aree altrimenti escluse.

Inoltre, alcune aree agricole vengono escluse per gli impianti fotovoltaici a terra, in particolare:

  • Terreni oggetto di finanziamenti agricoli con vincolo d’uso ancora attivo.
  • Colture permanenti di pregio (oliveti, vigneti non destinati all’autoconsumo, frutteti, tartufaie).
  • L’area agricola dell’ex alveo del lago Fucino, salvo piccoli impianti destinati ad autoconsumo o comunità energetiche.
  • cave e miniere (di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 2), interessate da produzioni agricole di pregio o di valorizzazione delle tradizioni locali.

Aree ordinarie e regime amministrativo: quando un progetto ricade in parte in area idonea e in parte in area non idonea, la zona viene considerata “ordinaria”: in questo caso si applica la procedura autorizzativa ordinaria e non il regime semplificato. Tuttavia, se una porzione del progetto ricade in area definita inidonea da normative statali o europee, prevale sempre il divieto.

La legge prevede inoltre:

  • Possibilità per i Comuni di stabilire compensazioni economiche da parte dei proponenti, entro certi limiti, per impianti sopra 1 MW.
  • Esenzione da compensazioni per piccoli impianti, su tetti, o destinati all’autoconsumo/comunità energetiche.
  • Contributi e canoni dovuti ai consorzi di bonifica per l’utilizzo di aree irrigue da parte di impianti fotovoltaici a terra.

La legge regionale dell’Abruzzo costruisce un sistema articolato e coerente di regole per localizzare impianti a fonti rinnovabili, rispettando il paesaggio, il patrimonio naturale e le attività agricole di pregio, ma lasciando spazio a una pianificazione sostenibile ed efficace, soprattutto nelle aree compromesse o infrastrutturate.

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