L’inquinamento provocato da emissioni odorigene rappresenta una delle sfide ambientali più complesse che coinvolge numerosi settori, dalla gestione dei rifiuti alla produzione industriale, dall’agricoltura alla depurazione delle acque. Gli odori, seppur non sempre dannosi per la salute in modo immediato, hanno spesso un impatto significativo sulla qualità della vita delle persone e sulle comunità locali, generando fastidi e disagi che, sempre più di frequente, sfociano in conflitti tra cittadini, attività industriali e Pubbliche Amministrazioni. Oltre agli effetti sulla percezione sensoriale, le emissioni odorigene sono spesso sintomo di processi produttivi non ottimizzati o carenti in termini di sostenibilità ambientale.
Il compito che impegna da quasi un decennio il Legislatore è quello di fornire alle P.A. ed ai gestori degli stabilimenti produttivi una disciplina organica e facilmente applicabile per la corretta gestione delle emissioni odorifere. Quanto segue è, in sintesi, lo stato dell’arte attuale.
Le emissioni maleodoranti prima dell’introduzione dell’art. 272bis nel T.U.A.
Con l’emanazione del D.lgs. n. 183/20171, attuativo della direttiva 2015/2193 sulle emissioni da impianti di combustione, è stato introdotto nel Codice dell’Ambiente l’art. 272-bis, “Emissioni Odorigene”. Prima di questa integrazione codicistica la questione relativa alle emissioni maleodoranti, di origine antropica o naturale, era stata completamente ignorata dalle normative ambientali.
La questione delle emissioni odorigene, infatti, veniva confinata alla fattispecie civilistica delle “Immissioni” di cui all’art. 844 c.c.2 ed alla fattispecie penale ex art. 674 c.p. “Getto pericoloso di cose”3. I beni tutelati erano, rispettivamente, la tutela della proprietà (ed il libero ed indisturbato godimento della) e la sicurezza pubblica4.
Questo tipo di emissioni, nella prima stesura del T.U.A., non era nemmeno previsto di per sé ma veniva soltanto accennato, di sfuggita, dall’art. 177, comma 4, lett. b), il quale prescrive che i rifiuti devono essere gestiti «senza causare inconvenienti da rumori o odori»; e negli artt. 237 septies e 237 octies i quali, in punto di precauzioni e condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e co-incenerimento, prescrivono di «evitare o limitare per quanto praticabile gli effetti negativi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee nonché altri effetti negativi sull’ambiente, odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana».
Il vuoto normativo aveva, però, determinato alcune Regioni ad approcciare, seppur timidamente, la questione della disciplina delle emissioni odorigene con l’emissione di “linee guida” e di “regolamenti”. Ad esempio, la Regione Abruzzo con la D.G.R. 26 maggio 2004, n. 400, “Direttive regionali concernenti le caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani” aveva imposto agli impianti di trattamento rifiuti «la realizzazione di tutte le fasi del processo di trattamento dei rifiuti organici in ambienti chiusi e mantenuti in leggera depressione in modo da evitare la diffusione nell’ambiente circostante di polveri e gas maleodoranti».
L’art. 272bis, d.lgs. n. 152/2006.
Nel 2017, l’art. 1, comma 1, D.lgs. n. 183 aggiungeva al T.U.A. un generico art. 272bis, “Emissioni odorigene”. Sebbene l’art. 272bis demandi alla normativa regionale, o alle autorizzazioni per le emissioni, soltanto la facoltà di prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti, riservando, nel secondo comma, allo Stato la facoltà di elaborare indirizzi e proporre integrazioni della normativa tecnica in proposito, la sua introduzione nel codice dell’ambiente ha avuto il pregio di codificare una vera e propria nuova forma di inquinamento. L’emissione odorigena, dal 2017, ha smesso i panni di mero effetto collaterale dell’inquinamento da emissioni in atmosfera ed è stata formalmente qualificata come una forma di emissione in atmosfera vera e propria. In altre parole, l’impatto odorigeno in precedenza considerato solamente come un aspetto “sensoriale” (ovverosia immediatamente avvertibile al senso dell’olfatto) dell’emissione in atmosfera, é divenuto esso stesso inquinamento atmosferico. Con la conseguenza che, almeno in via teorica, l’impianto che oggi emette soltanto emissioni odorigene in atmosfera “può” essere sottoposto alla disciplina di cui art. 269 T.U.A. che prescrive che tutti gli stabilimenti produttivi che generano emissioni in atmosfera debbano necessariamente dotarsi di una specifica autorizzazione.
Sino all’emanazione dell’art. 272bis, gli organi autorizzativi e la giurisprudenza di settore avevano giustificato la presenza, nelle autorizzazioni, di prescrizioni inerenti l’impatto odorigeno come una conseguenza pratica della più ampia applicazione dell’art. 269, quarto comma, del D.Lgs. n. 152/2006. Venivano in questo modo giustificate, nei provvedimenti autorizzatori degli stabilimenti che generano emissioni odorigene, quelle prescrizioni che, seppur in assenza di normativa specifica, imponevano ai gestori il rispetto di determinate soglie emissive sotto forma di valori limite di concentrazione espressi in unità odorimetriche. Ancorché in assenza di norme specifiche, le autorità procedenti (AP) riuscivano, seppur indirettamente, a prescrivere nei provvedimenti autorizzativi limitazioni e prescrizioni atte ad arginare le emissioni odorifere in quanto tutte, o quasi tutte, le sostanze inquinanti responsabili di odori disturbanti erano già ricomprese (con valori di emissione minimi e massimi) tra le sostanze inquinanti di cui alla Parte II, Allegato I, Parte Quinta, D.Lgs. n. 152/2006 alle Tabelle B “Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas e vapore” e D, “Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri”.
L’art. 272 bis, d.lgs. 152/2006 recita: «1. La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’art. 271:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;
b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento;
c) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento;
d) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigene espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.
2. Il Coordinamento previsto dall’art. 20, D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l’integrazione dell’Allegato I alla Parte Quinta, con le modalità previste dall’art. 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti».
Sebbene il disposto normativo abbia introdotto soltanto una mera facoltà per le Regioni di prevedere nelle autorizzazioni misure atte a prevenire e limitare le emissioni odorigene5, la nuova previsione codicistica ha comunque avuto il merito di colmare una lacuna normativa e di dare impulso a quel procedimento di armonizzazione delle normative regionali che il Legislatore aveva affidato al “Coordinamento tra Ministero, Regioni e autorità” di cui all’art. 20, comma 2, del D.lgs. n. 155/2010 “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”.
La Delibera n. 38/2018 SNPA.
Con una previsione normativa che, finalmente, prevede l’emissione da parte delle Regioni di misure atte a prevenire e limitare le emissioni odorifere ed innanzi ad un quadro di riferimento normativo sviluppatosi in maniera estremamente eterogenea, stante la diversità delle esperienze maturate dalle Regioni e delle metodologie di approccio utilizzate, un primo tentativo di armonizzazione su scala nazionale la normativa sulle emissioni odorigene è stato operato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) che, nella seduta del 3 ottobre 2018, con la Deliberazione n. 38/2018 approvava un documento denominato “Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene”.
Il documento avrebbe dovuto fornire, sia alle P.A. che ai gestori, strumenti e informazioni -quanto più omogenei- per prevenire, controllare e valutare le emissioni odorigene, considerando gli aggiornamenti normativi, le metodologie più rodate, le esperienze di successo e le tecnologie disponibili.
Il documento veniva, perciò, strutturato in specifici capitoli da cui reperire informazioni circa:
– L’odore e la sua percezione: Descrizione del meccanismo fisiologico della percezione degli odori, le caratteristiche delle sostanze odorigene e i fattori che determinano la molestia olfattiva.
– I principali riferimenti normativi in materia di odori: Panoramica sugli approcci normativi internazionali, con focus sulle disposizioni nazionali e regionali, e sugli orientamenti giurisprudenziali.
– Elementi valutativi nelle procedure di autorizzazione: Indicazioni per esaminare la documentazione degli impianti a rischio osmogeno durante le procedure autorizzative, focalizzandosi sulle prescrizioni tecniche e sul monitoraggio.
– Metodologie di monitoraggio delle emissioni odorigene: Analisi delle tecniche di monitoraggio, come il campionamento chimico, l’olfattometria dinamica, i metodi senso-strumentali e il coinvolgimento della popolazione.
– Modelli di dispersione per la valutazione dell’impatto olfattivo: Descrizione dell’uso dei modelli di dispersione in relazione alle Linee Guida regionali e ai dati necessari per l’input del modello.
– Approcci integrati per la valutazione della molestia olfattiva: Approcci per valutare la molestia olfattiva utilizzando diversi strumenti integrati, con allegato che presenta casi studio di Agenzie Ambientali.
– Metodologie di abbattimento delle emissioni odorigene: Panoramica delle tecnologie per ridurre le emissioni odorigene, con focus su interventi di controllo e mitigazione per specifici impianti, come quelli di trattamento delle acque reflue, allevamenti intensivi, raffinerie, impianti di trattamento dei rifiuti e discariche.
All’atto pratico, però, la Deliberazione n. 38/2018 si rivelava più utile alle attività di controllo demandate dagli Enti territoriali alle Agenzie per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) che ad indirizzare in maniera univoca l’azione legislativa (e autorizzativa) delle Regioni (e delle Provincie Autonome) nei provvedimenti di cui al comma 1, art. 272-bis, D.Lgs. n. 152/2006. Prova ne è il fatto che non tutte le Regioni (come vedremo in seguito) si sono dotate di una normativa per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene preferendo invece adottare, più pragmaticamente, in sede di procedimenti autorizzatori relativi a singoli impianti e/o attività (che richiedano il rilascio di Autorizzazione Unica Ambientale ai sensi del D.P.R. n. 59/2013, oppure ex artt. 29sexies, 208 o 269, D.Lgs. n. 152/2006, o di procedure di VIA o di VA -verifica di assoggettabilità), l’approccio “caso per caso”, cucendo su misura provvedimenti autorizzativi con prescrizioni atte a prevenire e limitare le emissioni odorigene.
Il Decreto Direttoriale (MASE) 28 giugno 2023, n. 309.
Con Decreto Direttoriale del 28 giugno 2023, n. 309, pubblicato in pari data, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha adottato gli “Indirizzi per l’applicazione dell’art. 272-bis del D.Lgs. n. 152/2006 in materia di emissioni odorigene di impianti e attività” predisposti dal “Coordinamento emissioni” di cui all’art. 281, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006.
L’Atto di Indirizzi è un documento tecnico di indirizzo che, ai sensi dell’art. 272bis, comma 2, intende fornire alle Autorità Competenti le “Linee guida” di riferimento per la elaborazione di dati e per la fissazione di limiti emissivi odorigeni. Viene, infatti, presentato come «un importante quadro di indirizzi di natura tecnica che potrà essere utilizzato come riferimento nei procedimenti istruttori e decisionali delle autorità competenti in materia e per il futuro sviluppo della normativa regionale e statale in materia». Il documento chiarisce che gli “Indirizzi” «si applicano in via diretta agli stabilimenti oggetto della parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 (soggetti ad autorizzazione unica ambientale – AUA, autorizzazione alle emissioni o regimi autorizzativi in deroga)e in via indiretta, come criterio di tutela da utilizzare nell’istruttoria autorizzativa, alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale – AIA (l’articolo 29-bis prevede che le condizioni dell’AIA sono definite avendo a riferimento i Bref e le BAT Conclusion di settore e l’articolo 29-sexies, comma 4ter, prevede che l’AIA può fissare valori di emissione più rigorosi di quelli associati alle BAT-AEL quando lo richiede la normativa vigente nel territorio in cui è localizzata l’installazione)».
«Si applicano, altresì, nei casi in cui l’autorizzazione alle emissioni venga assorbita nelle AUA od in altre Autorizzazioni Uniche (come quelle in materia di rifiuti o di fonti rinnovabili) e nei casi in cui l’autorizzazione alle emissioni (o l’AUA in cui questa sia stata assorbita) è rilasciata per impianti in cui sono attivate le procedure autorizzative semplificate in materia di rifiuti».
Gli Indirizzi, secondo il D.D. MASE, «Più in generale possono rappresentare un riferimento utilizzabile in tutte le procedure di verifica e/o di autorizzazione ambientale che considerino le emissioni in atmosfera e la cui istruttoria sia legittimata a mutuare criteri e parametri di valutazione dalle normative di settore (come avviene per la procedura di screening, per la procedura di VIA, ecc.)».
L’ambito di applicazione, dunque, sembrerebbe essere più ampio di quello previsto dalla norma che il documento intende attuare.
L’art. 272bis T.U.A., infatti, si occupa delle «emissioni odorigene degli stabilimenti6 di cui al presente titolo», ovvero il Titolo I della Parte Quinta «Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera» rubricato «Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività» che però, secondo l’art. 267, comma 1: « … si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera (…)».
Del resto, gli Indirizzi oltre a confermare che «La base giuridica dei presenti “Indirizzi” è rappresentata dall’articolo 272-bis del Dlgs 152/2006… e, più in generale, dalle norme del Dlgs 152/2006 che disciplinano gli impianti e le attività, le procedure autorizzative e il riparto delle competenze» aggiungono che possono «essere utilizzati anche in altri ambiti per effetto di norme di rinvio e di collegamento» e che «possono rappresentare un riferimento utilizzabile in tutte le procedure di verifica e/o di autorizzazione ambientale che considerino le emissioni in atmosfera e la cui istruttoria sia legittimata a mutuare criteri e parametri di valutazione dalle normative di settore (come avviene per la procedura di screening, per la procedura di VIA, ecc.)».
In buona sostanza, stando ai termini utilizzati dal MASE nel documento, gli Indirizzi potrebbero essere utilizzabili non solo per gli «stabilimenti e -relativi- impianti» dal potenziale impatto odorigeno negativo ma anche al cospetto di semplici “autonome” «attività» che possano produrre emissioni odorigene disturbanti. Il D.D. ministeriale, infatti, prevede che le Autorità regionali possano individuare «le categorie generali di impianti e di attività aventi un potenziale impatto odorigeno e la cui domanda autorizzativa deve pertanto prevedere la descrizione e valutazione delle emissioni odorigene».7
Il D.D. n. 309/2023 è composto da un primo documento:
“Indirizzi per l’applicazione dell’art. 272- bis, D.Lgs. n. 152/2006 in materia di emissioni odorigene di impianti e attività” e da 5 allegati: – Allegato A.1- Requisiti degli studi di impatto olfattivo mediante simulazione di dispersione; -Allegato A.2 – Campionamento olfattometrico; – Allegato A.3 – Strategia di valutazione della percezione del disturbo olfattivo; – Allegato A.4 – Caratterizzazione chimica delle emissioni odorigene;- Allegato A.5 – IOMS (Instrumental Odour Monitoring System).
Nel documento “Indirizzi” sono individuate le attività e gli impianti interessati dall’applicazione dell’art. 272bis mediante un elenco “di riferimento”, non tassativo ma avente «natura indicativa e può essere sempre aggiornato, integrato e modificato dalle autorità regionali, in funzione delle specificità territoriali e delle concrete casistiche riscontrate, anche introducendo altre categorie generali di impianti e di attività e/o facendo riferimento solo ad alcune tipologie nell’ambito delle categorie generali della tabella8».
Viene, altresì, specificato che «Per quanto attiene agli impianti e alle attività non ricadenti nelle categorie generali della tabella 1 o nelle categorie generali individuate dalle autorità regionali, l’applicazione delle procedure previste dei presenti Indirizzi può avvenire sulla base di valutazioni svolte caso per caso dalle autorità competenti».
Con la Tabella 2, invece, viene offerto alle Autorità Competenti un quadro di riferimento da seguire nei procedimenti autorizzativi ambientali. La procedura da seguire può essere “estesa” o “semplificata” e può essere riferita ad impianti ed attività nuovi oppure già esistenti. In particolare, vengono indicati i diversi adempimenti a carico dei gestori a seconda se gli impianti abbiano o meno un potenziale impatto odorigeno.
In particolare, il quadro rappresentato nella tabella 2 può essere così riassunto:
– per le fasi dell’iter autorizzativo nelle quali risulta più fattibile/efficace intervenire sulle emissioni odorigene, l’adempimento del gestore potrebbe modularsi, a scelta delle autorità regionali, con una “procedura estesa” o una “procedura semplificata di istruttoria”. Tali fasi comprendono: a) le autorizzazioni degli stabilimenti nuovi contenenti impianti o attività aventi un potenziale impatto odorigeno; b) i rinnovi di autorizzazione degli stabilimenti esistenti (contenenti o meno impianti o attività aventi un potenziale impatto odorigeno) in caso di modifiche peggiorative delle emissioni odorigene oppure in presenza di pregresse segnalazioni;
– per le altre fasi dell’iter autorizzativo (i rinnovi di autorizzazione degli stabilimenti già esistenti contenenti impianti o attività aventi un potenziale impatto odorigeno, in assenza di modifiche peggiorative delle emissioni odorigene e di pregresse segnalazioni) l’adempimento del gestore potrebbe limitarsi alla presentazione, in sede di domanda autorizzativa, di una relazione di ricognizione contenente, la schematica descrizione e valutazione delle emissioni odorigene esistenti e degli eventuali interventi realizzati al riguardo, fermo restando il potere dell’autorità competente di richiedere approfondimenti e verifiche per tutti gli eventuali aspetti da chiarire. Tale procedura ha una funzione cautelativa e può, pertanto, riferirsi ai soli rinnovi autorizzativi degli stabilimenti esistenti in cui sono già presenti, al momento della domanda di rinnovo, impianti o attività aventi potenziale impatto odorigeno, senza interessare i rinnovi autorizzativi di stabilimenti esistenti in cui non sono presenti impianti o attività aventi potenziale impatto odorigeno.
– Nessuna azione è richiesta, infine, in caso di: 1) autorizzazioni degli stabilimenti nuovi non contenenti impianti o attività aventi un potenziale impatto odorigeno e 2) rinnovi di autorizzazione degli stabilimenti esistenti non contenenti impianti o attività aventi un potenziale impatto odorigeno, in assenza di modifiche peggiorative delle emissioni odorigene e di pregresse segnalazioni.
Gli Indirizzi, alla cui lettura si rinvia per quanto riguarda i contenuti e le modalità delle procedure istruttorie -“estesa”, “semplificata” e “mediante reazione ricognitiva”-, indicano anche quali sono gli elementi da tenere in debita considerazione nella “valutazione” dell’impatto olfattivo:
– densità o numero delle persone potenzialmente esposte;
– destinazione d’uso prevalente del territorio, attuale e prevista negli strumenti di pianificazione urbanistica;
– continuità dell’occupazione: un’area presso la quale la presenza delle persone è continua è da considerarsi più sensibile di una presso cui la presenza delle persone è breve, occasionale o saltuaria;
– livello di pregio del territorio, inteso rispetto al tipo di uso legittimo del territorio e rispetto al grado di compromissione di tale uso che conseguirebbe alla presenza di impatto olfattivo.
A tal fine, il documento degli Indirizzi prevede cinque classi di sensibilità dei ricettori definite sulla base della classificazione ISTAT delle località e delle Zone territoriali omogenee di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, e s.m.i.. Per ogni classe indica un valore di accettabilità dell’impatto olfattivo in ricaduta presso il ricettore, espresso come concentrazioni orarie di picco di odore al 98° percentile, calcolate su base annuale e in unità odorimetriche per metro cubo (ouE/m3), variabili da 1 ouE/m3 a 5 ouE/m3, in funzione delle diverse classi di sensibilità da attribuire alle diverse tipologie di ricettori, nei termini di seguito proposti, ferma restando la possibilità della normativa statale e regionale di applicare valori di accettabilità più severi, in particolare alla luce di esigenze connesse a specifiche situazioni territoriali.
Tabella 3. Classi di sensibilità e valori di accettabilità presso il ricettore sensibile.
Classe di sensibilità ricettore | Descrizione della classe di sensibilità del ricettore sensibile | Valore di accettabilità dell’impatto olfattivo presso il ricettore sensibile |
PRIMA | Aree, in centri abitati o nuclei, a prevalente destinazione d’uso residenziale classificate in zone territoriali omogenee A o B. Edifici, in centri abitati o nuclei, a destinazione d’uso collettivo continuativo e ad alta concentrazione di persone (es. ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole, università, per tutti i casi, anche se di tipologia privata), esclusi gli usi commerciale e terziario | 1 ou E /m 3 |
SECONDA | Aree, in centri abitati o nuclei, a prevalente destinazione d’uso residenziale, classificate in zone territoriali omogenee C (completamento e/o nuova edificazione). Edifici o spazi aperti, in centri abitati o nuclei, a destinazione d’uso collettivo continuativo commerciale, terziario o turistico (es. mercati stabili, centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi, strutture ricettive, monumenti). | 2 ou E /m 3 |
TERZA | Edifici o spazi aperti, in centri abitati o nuclei, a destinazione d’uso collettivo non continuativo (es.: luoghi di pubblico spettacolo, luoghi destinati ad attività ricreative, sportive, culturali, religiose, luoghi destinati a fiere, mercatini o altri eventi periodici, cimiteri); case sparse; edifici in zone a prevalente destinazione residenziale non ricomprese nelle Zone Territoriali Omogenee A, B e C. | 3 ou E /m 3 |
QUARTA | Aree a prevalente destinazione d’uso industriale, artigianale, agricola, zoo tecnica. | 4 ou E /m 3 |
QUINTA | Aree con manufatti o strutture in cui non è prevista l’ordinaria presenza di gruppi di persone (es.: terreni agricoli, zone non abi tate). | 5 ou E /m 3 |
Sono, altresì, disciplinati gli adempimenti a carico dei gestori degli impianti e attività con presenza di emissioni odorigene al momento della presentazione delle domande di rilascio/rinnovo dei relativi provvedimenti autorizzativi.
Provvedimenti che vengono distinti in autorizzazioni da conseguire ex novo per gli impianti da realizzare successivamente all’entrata in vigore del D.D. (MASE) 28 giugno 2023, n. 309 e in rinnovo di autorizzazioni preesistenti.
In presenza di emissioni odorigene da impianti o da attività per i quali sia da ottenere o rinnovare il relativo provvedimento autorizzatorio, l’istanza di autorizzazione indirizzata all’Autorità competente deve contenere:
– la descrizione del ciclo produttivo;
– la descrizione della zona dell’intervento da assoggettare ad autorizzazione ex novo o da rinnovo, specificando sia le caratteristiche territoriali che la descrizione dei ricettori esposti alle emissioni odorigene;
– l’individuazione e descrizione delle specifiche fonti di emissioni odorigene;
– la caratterizzazione delle fonti di emissioni odorigene;
– la valutazione della zona circostante, proponendo un adeguato modello di dispersione e una mappatura dell’impatto olfattivo con rappresentazione delle isoplete orarie di picco al 98° percentile su base annuale, in corrispondenza delle diverse distanze dalle sorgenti considerate, assumendo a riferimento le indicazioni fornite dall’Allegato A.1;
– l’individuazione degli interventi sulle fonti di emissione odorigene, da proporre caso per caso;
– la proposta relativa ai valori di accettabilità dell’impatto presso i ricettori sensibili, da esprimere come concentrazioni di picco di odore al 98° percentile, calcolato su base annuale, e da garantire sulla base delle classi di appartenenza dei ricettori di che trattasi, nei termini esposti dalla sopra riportata tabella.
Come già detto il “Documento di indirizzi” descrive gli adempimenti istruttori per le Autorità Competenti, che variano a seconda che si tratti di istanze per impianti nuovi o di rinnovo di autorizzazioni per impianti già in esercizio. E’ previsto, a discrezione dell’Autorità Competente, l’uso di una procedura semplificata, che non richiede l’uso di modelli di dispersione o la redazione di mappe di impatto olfattivo.
In ogni caso, il provvedimento autorizzatorio deve comunque includere:
-La caratterizzazione olfattometrica delle sorgenti, come specificato nell’Allegato A.2.
– La determinazione analitica delle specie chimiche delle sorgenti, se necessario, seguendo le indicazioni dell’Allegato A.4.
Oltre alle tecniche descritte negli allegati, possono essere utilizzati metodi alternativi per rilevare l’odore, come il monitoraggio sul campo con panel di esaminatori o strumenti di monitoraggio continuo (ad esempio, l’IOMS Instrumental Odour Monitoring System descritto nell’Allegato A.5).
Infine, è previsto che i provvedimenti autorizzativi impangono ai gestori il monitoraggio delle emissioni odorigene in termini di portata (espressa in ouE/sec) durante l’esercizio, con relazioni periodiche e che le Autorità Competenti possano effettuare misurazioni del disturbo olfattivo presso i ricettori sensibili adiacenti, che potrebbero essere esposti a impatti da diverse sorgenti.
La Delibera n. 268/2025 SNPA.
La pubblicazione del Decreto Direttoriale n. 309’2023 del MASE, le innovazioni metodologiche e tecnologiche relative al monitoraggio e al controllo degli odori, nonché gli aggiornamenti in merito alla normazione tecnica di settore, hanno determinato che il documento “Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene” approvato con Delibera n. 38/2018 dal Consiglio SNPA fosse sottoposto a revisione.
Il SNPA ha dunque elaborato ed approvato, con Delibera del 23 gennaio 2025 il nuovo documento “Emissioni odorigene: elementi di riferimento e approcci metodologici per il monitoraggio”. Il documento è strutturato in modo da contenere una trattazione generale delle diverse possibilità di approccio metodologico, a partire dal monitoraggio e controllo delle emissioni odorigene, fino alla valutazione di impatto con l’ausilio di metodi predittivi e all’adozione di strumenti preventivi per la riduzione dell’emissione, attraverso opportune tecnologie di trattamento ed accorgimenti di tipo gestionale.
In particolare, nelle differenti sezioni del documento sono affrontati i seguenti aspetti:
– elementi generali relativi alla percezione olfattiva e al fenomeno di molestia;
– principali riferimenti normativi nazionali e regionali;
– descrizione delle metodologie di monitoraggio e controllo con particolare riferimento per gli aspetti legati al campionamento, ai metodi di caratterizzazione chimica, all’olfattometria dinamica, all’applicazione dei sistemi automatici di monitoraggio (IOMS), al monitoraggio della percezione olfattiva ad opera di panel addestrato in campo e analisi delle segnalazioni della popolazione;
– modellistica di dispersione per lo studio della valutazione di impatto odorigeno;
– elementi descrittivi relativi ai principali sistemi di abbattimento impiegati ed alle tipiche attività arrecanti impatto odorigeno.
Il documento al primo capitolo “L’odore e la sua percezione” descrive il meccanismo fisiologico di percezione dell’odore e le proprietà caratteristiche dell’odore (percettibilità, intensità, tono edonico, qualità e natura chimico-fisica delle sostanze).
A proposito della intensità dell’odore, con la Tabella 1.1. di seguito riprodotta, viene offerta una “scala” per la definizione della intensità.
Tabella 1.1.
Livello di intensità | Descrizione |
0 | nessun odore |
1 | odore appena avvertito |
2 | odore debole ma riconoscibile |
3 | odore chiaramente identificabile |
4 | odore forte |
5 | odore molto forte |
Nella Tabella 1.2 sono, invece, riportate le principali classi di composti odorigeni con indicazioni circa le caratteristiche qualitative dell’odore ad essi associato ed i processi di formazione.
Tabella 1.2: Principali classi di sostanze odorigene

Nella parte conclusiva il capitolo descrive la modalità della formazione della molestia olfattiva e finisce col precisare che alla formazione “concorrono diversi fattori relazionati tra loro e che –pertanto- detta molestia va riscontrata con l’impiego del cd. parametro FIDOL (Frequency, Intensity, Duration, Offensiveness, Location)”.
Con il secondo capitolo “I principali riferimenti normativi in materia di odori” il documento offre una sintetica panoramica delle differenti disposizioni di legge locali e regionali, di diverso rango (linee guida, leggi regionali, delibere di giunta, prassi), che sono state emesse per affrontare le criticità legate ai casi di molestia olfattiva.
Si rinvia alla lettura del documento che passa in rassegna tutte le normative locali. In questa sede ci limitiamo a richiamare soltanto la tabella di sintesi.
Tabella 2.1: Schema di sintesi dei provvedimenti normativi regionali e provinciali
Regione/Provincia | Tipologia di riferimento normativo | |
Settoriale | Generale | |
Piemonte | / | D.G.R. n.13-4554, 9/01/2017 L.R. 43/2000 Linee guida per la caratterizzazione e il contenimento delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività ad impatto odorigeno |
Lombardia | D.G.R. n. 12764 del 16/04/2003 Linea guida per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione compost | D.G.R. n. IX/3018 del 15/02/2012 Determinazioni generali in merito alla caratterizzazione delle emissioni gassose in atmosfera derivanti da attività a forte impatto odorigeno |
Provincia autonoma di Trento | / | Deliberazione n. 1087 del 24/06/2016 Linee Guida sugli odori |
Veneto | D.G.R. n. 568 del 25/02/2005 Norme tecniche ed indirizzi operativi per la realizzazione e la conduzione degli impianti di recupero e di trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani ed altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica | Nella seduta di Comitato VIA della Regione Veneto del 08/11/2023 è stato condiviso che il Decreto MASE 2023 dovrà essere utilizzato quale orientamento operativo per la valutazione dell’impatto odorigeno nelle istruttorie di Valutazione di Impatto Ambientale |
Friuli Venezia giulia | / | Legge Regionale n. 13/2022 Legge Regionale n.3/2024 Art. 88 (Modifica all’articolo 4 della L.R.13/2022) 1. Al comma 60 dell’articolo 4 della legge regionale 5 agosto 2022, n. 13, le parole «le linee guida dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA) concernenti la valutazione dell’impatto odorigeno da attività produttive» sono sostituite dalle seguenti: «le linee guida, definite entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge regionale 10 maggio 2024, n. 3 (Disposizioni multisettoriali e di semplificazione), con deliberazione della Giunta regionale, per il rilascio delle autorizzazioni che ai sensi dell’articolo 272 bis, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al titolo I della parte quinta del medesimo decreto legislativo 152/2006» |
Liguria | / | D.G.R. n. 810 del 5/8/2020 Linee Guida per la definizione del Piano di Gestione degli Odori |
Abruzzo | D.G.R. n. 400 del 26/05/2004 Caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani | |
Puglia | / | L.R.32/2018 del 16/07/2018 Disciplina in materia di emissioni odorigene D.G.R. 805/2019 Protocollo Operativo per la gestione delle segnalazioni di disturbo olfattivo |
Basilicata | / | D.G.R. n.466 del 11/06/2021 Linee guida per la prevenzione, mitigazione e caratterizzazione delle emissioni odorigene derivanti dagli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale (D.lgs.152/2006 parte seconda) L.R. n. 39 del 23 settembre 2021 Norme per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene |
Sicilia | Ordinanza Commissariale 29/05/2002 Linee guida per la progettazione, la costruzione e la gestione degli impianti di compostaggio | D.A. 16/12/2015 (art.5) Direttive sui contenuti delle autorizzazioni rilasciate ai sensi della Parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e ss.mm.ii. |
Emilia Romagna | D.G.R. n. 1495 del 24/10/2011 Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a biogas D.G.R. n. 2347 del 22/11/2019 Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali e territoriali per i “nuovi” impianti di recupero della forsu per la produzione di biogas e di biometano | Determina n. 426 del 18/05/2018 Approvazione della Circolare interna recante la Linea Guida 35/DT “Indirizzo operativo sull’applicazione dell’art. 272 Bis del D.Lgs.152/2006 e ss.mm.ii. |
Sardegna | / | D.G.R. n.9/42 del 23/02/2012 Direttive regionali in tema di autorizzazioni alle emissioni in atmosfera |
Toscana | / | L.R. n.25 del 3 luglio 2024 Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2024 |
Il terzo capitolo è, invece, dedicato alle “Analisi delle metodologie di monitoraggio e controllo delle emissioni odorigene”.
Chiarito, sin da subito, che «non è identificabile un metodo esaustivo per la misurazione degli odori ma è necessario ricorrere ad un’integrazione di indagini e di tecniche, tra loro complementari», il documento passa in rassegna le principali metodologie per il monitoraggio ed il controllo delle emissioni odorigene che «possono essere raggruppate in funzione delle loro principali finalità: 1) metodologie finalizzate a caratterizzare le fonti di odore: rientrano in questa categoria i metodi e le indagini volte, all’interno di contesti produttivi, all’identificazione dei cicli lavorativi e delle sorgenti emissive di maggiore interesse olfattometrico e/o chimico; 2) metodologie finalizzate a valutare la risposta e l’esposizione della popolazione: rientrano in questa categoria i metodi e le indagini volti alla valutazione delle segnalazioni e dei reclami, per la ricerca di attendibili correlazioni con le attività presenti sul territorio e la determinazione dell’estensione geografica e/o temporale della problematica denunciata».
Vengono, dunque, descritte (ed approfondite nei capitoli 4, 5 e 6) le principali modalità di metodologie per il monitoraggio e controllo delle emissioni odorifere:
– La caratterizzazione chimica qualitativa e quantitativa finalizzata alla determinazione della composizione della miscela di sostanze che determinano l’odore;
– L’analisi in olfattometria dinamica secondo la norma UNI EN 13725 «…che rappresenta l’unico metodo oggettivo standardizzato a livello europeo… secondo cui un campione di gas odorigeno è raccolto in un idoneo contenitore e successivamente analizzato da un panel di esaminatori allo scopo di determinarne il fattore di diluizione alla soglia di rivelazione del 50%. A questo fattore di diluizione, la concentrazione di odore è, per definizione, pari a 1 ou E /m 3 ; la concentrazione di odore è, quindi, espressa come multiplo di tale quantità nelle condizioni di riferimento per l’olfattometria (temperatura di 293 K e pressione atmosferica normale di 101,3 kPa su base umida). L’unità di misura, denominata unità odorimetrica (ou E /m 3 ), è definita come la quantità di odorante/i che, quando evaporata in un metro cubo di gas neutro in condizioni di riferimento, provoca una risposta fisiologica in un panel (soglia di rivelazione) equivalente a quella provocata da una massa di odore di riferimento europeo (EROM), evaporata in 1 m 3 di gas neutro in condizioni di riferimento».
– La rendicontazione della percezione del disturbo olfattivo da parte della popolazione residente: le segnalazioni di molestia olfattiva, nella maggior parte dei casi, costituiscono il primo campanello d’allarme per l’individuazione di una potenziale sorgente di odore presente sul territorio. Per questa ragione, negli ultimi anni è stato riconosciuto il ruolo fondamentale ricoperto dalla partecipazione sociale il cui sviluppo è uno dei principi cardine della “citizen science”.
Gli Enti di Controllo, quindi, dovranno occuparsi di monitorare e raccogliere le segnalazioni e gli esposti riguardanti episodi di molestia olfattiva provenienti dal territorio. La raccolta delle segnalazioni può, infatti, avvenire con modalità diverse, via e-mail o mediante specifiche app o form online dedicati e comunque in near real time, per poi essere sottoposte a validazione.
Il documento, a tal proposito chiarisce che «quando le segnalazioni provengono da segnalatori registrati e accreditati (personale del Comune, della Protezione Civile, appartenenti ad associazioni ambientaliste di riferimento, …), individuate quali sentinelle, può essere sufficiente anche una sola segnalazione per avviare l’attività di campionamento».
Viene subito dopo precisato che «sono esclusi i casi in cui il disagio olfattivo ha caratteristiche di eccezionalità (es. segnalazioni di episodi acuti di inquinamento a seguito di emergenze ambientali)».
Per quanto riguarda la durata della campagna di monitoraggio la Delibera SNPA fa riferimento alle indicazioni contenute nell’allegato 3 del Decreto n. 309 del 28.06.2023 MASE “Indirizzi per l’applicazione dell’articolo 272-bis del D.Lgs 152/2006 in materia di emissioni odorigene di impianti e attività”.
Le segnalazioni di odore da parte dei cittadini, in formato cartaceo o digitale, devono contenere informazioni chiare in riferimento al periodo in cui si è percepito l’odore e, se possibile, alla tipologia e all’intensità.
Il panel delle “sentinelle” (ossia dei segnalatori) può essere disposto secondo il metodo cd. “a griglia” (Il metodo a griglia definisce il livello di esposizione all’odore rilevato in una definita area di studio, attraverso il calcolo di un indice quantitativo, definito “frequenza di ore–odore”. Tale indice è determinato per ogni cella di una griglia virtuale costruita sul territorio intorno all’impianto oggetto di indagine, in cui i vertici costituiscono i quattro punti di osservazione) oppure secondo il metodo “del pennacchio” (utilizzato per determinare l’estensione del pennacchio di ricaduta dell’odore, a partire da una sorgente specifica, esaminando le condizioni meteorologiche che influenzano la dispersione).
– Le metodologie strumentali o IOMS (Instrumental Odour Monitoring System); «Queste categorie e misurazioni consentono un monitoraggio ambientale dettagliato e versatile, adattabile a diverse esigenze e contesti operativi. Nell’ambito del quadro normativo nazionale, il Decreto Direttoriale n. 309 del 28/06/2023, emanato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE 2023) rappresenta un utile riferimento. Nell’Allegato A.5, infatti, è riportato un approfondimento sui Sistemi di Monitoraggio Strumentale degli Odori (IOMS – Instrumental Odour Monitoring System) nell’ottica di un loro impiego nella gestione e controllo degli impatti olfattivi causati dalle attività industriali». «Nel settore ambientale, la norma tecnica UNI 11761 ne definisce l’impiego in tre ambiti di applicazione:
1. Monitoraggio dell’aria ambiente (al ricettore): questa applicazione viene utilizzata per valutare l’impatto degli odori sulla qualità dell’aria in aree abitate o sensibili;
2. Monitoraggio in emissione (sorgente): in questo caso, gli IOMS vengono utilizzati per controllare le emissioni odorose direttamente alla sorgente, come parte del processo di controllo o per verificare l’efficienza dei sistemi di trattamento dell’odore;
3. Monitoraggio al perimetro dello stabilimento: questa applicazione prevede il posizionamento degli IOMS lungo il perimetro di un impianto industriale o di un sito produttivo per monitorare e gestire l’eventuale dispersione degli odori verso l’esterno».
– Il monitoraggio di parametri surrogati approccio efficace nei casi in cui sia possibile evidenziare sostanze chimiche odorigene (ad esempio idrogeno solforato o ammoniaca) o non odorigene (ad esempio metano da discariche) che possano essere considerate “traccianti” nell’ambito della miscela odorigena associata all’emissione oggetto di valutazione.
Il quarto capitolo della Delibera SNPA, “Modelli di dispersione per la valutazione dell’impatto olfattivo”, dal contenuto prettamente tecnico, si occupa della modellistica di dispersione per lo studio della valutazione dell’impatto odorigeno.
Il quinto, “Approcci integrati per la valutazione della molestia”, descrive le modalità con le quali va condotta una corretta valutazione della molestia olfattiva . Per via della variabilità delle sorgenti di un impianto nel numero e nella tipologia di emissione (convogliata, areale
e fuggitiva) nonché della stretta connessione con la soggettività della percezione umana è necessario prediligere nell’analisi di un
caso di molestia olfattiva una combinazione, pianificata e definita di volta in volta a seconda dello scopo di indagine, di diversi strumenti
di valutazione, che possano fornire informazioni complementari.
Genericamente, tali strumenti possono essere distinti in “metodi predittivi“, che utilizzano modelli che, attraverso una ricostruzione schematica della situazione reale, sono in grado di
fornire informazioni sul potenziale impatto di una fonte odorigena sul territorio e “metodi strumentali/empirici” che , invece si basano su attività di monitoraggio strumentale o indagini che coinvolgono popolazione e/o panel.
Il capitolo riporta in chiusura un esempio di approccio semplificato adottabile per l’individuazione della strategia più idonea di valutazione “in tre step”: Step 1 – individuazione dello scopo della valutazione; Step 2 – selezione degli strumenti di valutazione più adatti; Step 3 – definizione degli strumenti.
Nel sesto ed ultimo capitolo, “Metodologie di abbattimento degli odori”, la Delibera n. 268/2025 SNPA descrive il funzionamento dei principali sistemi di abbattimento impiegati dagli impianti in generale, dagli impianti di trattamento delle acque reflue (par. 6.2.1), dagli allevamenti intensivi (par. 6.2.2), dall’industria di raffinazione del petrolio (par. 6.2.3), dagli impianti di trattamento rifiuti (par. 6.2.4) e dagli impianti di discarica (par. 6.2.5).
In conclusione una riflessione: sebbene nell’ultimo decennio siano stati compiuti significativi passi in avanti nella regolamentazione e nella gestione delle emissioni odorigene, la normativa in materia appare ancora invischiata in un intreccio di aspetti tecnici e giuridici che ne complicano la concreta applicazione. Servono regole, più chiare ed univoche, capaci di offrire una disciplina concreta ed una effettiva tutela dell’ambiente e della qualità della vita.
- Il D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183: “Attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell’atmosfera, ai sensi dell’articolo 17 della legge 12 agosto 2016, n. 170” (17G00197-GU Serie Generale n.293 del 16-12-2017), entrato in vigore il 19/12/2017, è il Decreto attuativo della direttiva 2015/2193, relativa alla limitazione delle emissioni di taluni inquinanti originati da impianti di combustione di media grandezza, indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato. La direttiva stabilisce norme per il controllo delle emissioni nell’aria di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri da impianti di combustione medi, nonché per il monitoraggio delle emissioni di monossido di carbonio. ↩︎
- Art. 844 c.c. (Immissioni): «Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso». ↩︎
- Art. 674 c.p.: (Getto pericoloso di cose) «Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206». ↩︎
- Dunque fino al 2017, mancando ancora una norma ambientale dedicata alle emissioni odorigene, la giurisprudenza, dopo molteplici questioni relative alla interpretazione dell’inciso sui “casi non consentiti dalla legge”, poteva applicare in ipotesi di molestie odorigene soltanto l’art. 674 c.p. («Getto pericoloso di cose») che punisce con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 «chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti». La Suprema Corte motivava l’applicabilità della norma, affermando che «le esalazioni maleodoranti (…) costituiscono offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio, tutelato dalla norma penale, ed integrano, pertanto, il reato di cui all’ art. 674 c.p.» per esalazioni maleodoranti provenienti da impianto di depurazione Cass. Sez. I Pen. 10 gennaio 1995, n. 138. Precisando che «le esalazioni di “odore” moleste, nauseanti o puzzolenti, in tanto possono configurare il reato di cui all’art. 674 c.p. in quanto presentino un carattere non del tutto momentaneo e siano intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) ed abbiano un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti, ecc.)» Cass. Sez. III Pen. 31 gennaio 2006, n. 3678. La Cassazione ha, inoltre, aggiunto che «laddove, trattandosi di odori, manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. Ove risulti l’intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato, l’eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l’evento che la normativa intende evitare e sanziona. Quel che conta è che le testimonianze non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi» Cass. Sez. III Pen. 14 settembre 2015, n. 36905. La Suprema Corte, in sintonia con il Consiglio di Stato, ha precisato in proposito, che «in tema di getto pericoloso di cose, l’evento molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c., la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice; in caso di “molestie olfattive”, poi, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della “stretta tollerabilità” quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità”, previsto dall’art. 844 c.c.» Cass. Sez. III Pen. 30 novembre 2020, n. 33817. ↩︎
- E’ questa la critica mossa da Alberto Muratori nel suo Commento alla normativa 272bis in Ambiente & sviluppo, n. 8-9, 1 agosto 2023. ↩︎
- Cfr. T.U.A., art. 268, lett. 4, definizione di stabilimento: “un complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni o movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività”); T.U.A., art. 268, lett. l, definizione di attività: “il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio”. ↩︎
- Sul punto, “Inquinamento da odori. Le linee guida statali e la problematica delle sanzioni applicabili. Primi appunti” di Gianfranco Amendola in “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”; 2023. ↩︎
- Cfr. D.D. MASE n. 309/2023, Tabella 1., Impianti e attività aventi un potenziale impatto odorigeno. ↩︎
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