Secondo l’art.5, comma 1, lett. i-ter) del T.U.A. «Si intende per “inquinamento”: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni[1] o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi».
Occorre, però, mettere in relazione questa nozione di inquinamento ambientale con la definizione che offre il codice penale in punto di configurabilità del fatto reato di “inquinamento ambientale”.
Il codice penale al titolo VI bis (introdotto dall’art. 1, Legge 22 maggio 2015, n. 68) del libro II rubricato “Dei delitti contro l’ambiente” all’art. 452 bis punisce il reato di “Inquinamento ambientale” prevedendo che: «È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata da un terzo alla metà. Nel caso in cui l’inquinamento causi deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat all’interno di un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, la pena è aumentata da un terzo a due terzi».
L’art. 452 bis c.p. è stato più volte oggetto di censure in punto di legittimità costituzionale per via della sua formulazione ritenuta, dall’interprete, ambigua o comunque non dotata di quella particolare “certezza normativa” richiesta per la configurazione di un reato.
In buona sostanza la questione di legittimità è stata sollevata perché l’art. 452 c.p., che punisce l’inquinamento ambientale, per come formulato non rispetterebbe il dettato costituzionale per difetto di tassatività e determinatezza.
Sulla questione si è pronunciata la Cassazione penale con sentenza dell’11 marzo 2020, n. 9736.
La III Sezione ha ritenuto: «manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del reato di “Inquinamento ambientale”, ex art. 452-bis c.p. per contrasto con gli artt. 25 Cost. e 7 Cedu sotto il profilo della sufficiente determinatezza della fattispecie, tenuto conto che le espressioni utilizzate per descrivere il fatto tipico sono sufficientemente univoche, sia per quanto riguarda gli eventi che rimandano ad un fatto di danneggiamento e per i quali la specificazione che devono essere “significativi” e “misurabili” esclude che vi rientrino quelli che non incidono apprezzabilmente sul bene protetto, sia per quanto attiene all’oggetto della condotta precisamente descritto ai nn. 1) e 2) della norma incriminatrice».
Alle medesime conclusioni è pervenuto anche l’arresto, della medesima Sezione, del 30 gennaio 2020, n. 15596, che dapprima ha richiamato l’orientamento della Corte costituzionale del 13 gennaio 2004, n. 5 secondo cui «l’inclusione nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero […] di clausole generali o concetti ‘elastici’ non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice -avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca- di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato: quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo»; di poi, ha osservato come la fattispecie non confligga con l’art. 25, 2° comma, Cost., in quanto «le espressioni impiegate dal legislatore appaiono sufficientemente univoche nella descrizione del fatto vietato, che, essendo modellato come reato di evento a forma libera, contempla le condotte di ‘compromissione’ e di ‘deterioramento’ -sostanzialmente analoghe, ed in parte addirittura identiche (ci si riferisce al deterioramento), a quelle tradizionalmente descritte con riguardo al delitto di danneggiamento di cui all’art. 635 c.p.- ed in relazione alle quali la giurisprudenza di questa corte ha fornito un’interpretazione uniforme e costante.
L’impiego di aggettivi riferiti a quegli eventi, alternativamente previsti dalla norma, quali ‘significativi’ e ‘misurabili’, pone dei vincoli, qualitativi e di accertamento, all’offesa penalmente rilevante. Vincoli che delimitano il campo di applicazione della fattispecie in termini, per un verso, di gravità -il che comporta un restringimento del perimetro della tipicità, da cui sono estromessi eventi che non incidano in maniera apprezzabile sul bene protetto- e, per altro verso, di verificabilità, da compiersi sulla base di dati oggettivi, e quindi controllabili e confutabili. Parimenti preciso è l’oggetto della condotta, che deve aggredire o le matrici ambientali (acque, aria, porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo), ovvero un ecosistema o una biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna».
Sul delitto di inquinamento ambientale e sugli elementi oggettivi che devono essere presenti per la sua configurabilità si segnalano altre sentenze della cassazione penale.
Cass. pen., sez. III, 27 settembre 2023, n. 39195, secondo cui la “compromissione” e il “deterioramento”, ovvero gli elementi integrativi della fattispecie di inquinamento ambientale di cui all’art. 452 bis c.p., devono consistere, il primo, in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole; il secondo, in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare;
Cass. pen., sez. III, 5 settembre 2022, n. 32498, secondo cui la “compromissione” e il “deterioramento”, elementi oggettivi richiesti per l’integrazione del reato di cui all’art. 452 bis c.p., devono consistere in un’alterazione, significativa e misurabile, dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema;
Cass. pen., sez. II, 7 settembre 2021, n. 33089, secondo cui la condotta «abusiva» di inquinamento ambientale, che integra il delitto di cui all’art. 452 bis c.p., comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali -anche se non strettamente pertinenti al settore ambientale- o di violazioni di prescrizioni amministrative;
Cass. pen., sez. III, 27 ottobre 2016, n. 10515: ai fini della valutazione in sede cautelare dei gravi indizi di sussistenza del delitto di inquinamento ambientale, il deterioramento è configurabile quando la cosa che ne costituisce l’oggetto sia ridotta in uno stato tale da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole ovvero quando la condotta produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, mentre la compromissione attiene ad un concetto di relazione tra l’uomo e i bisogni o gli interessi che la cosa deve soddisfare, intendendosi così coprire ogni possibile forma di danneggiamento, strutturale o funzionale, delle acque, dell’aria, del suolo o del sottosuolo;
In punto di elemento soggettivo per la configurazione del delitto in parola si riporta Cass. pen., sez. III, 5 aprile 2019, n. 26007, secondo cui il delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452 bis c.p. è reato a dolo generico, consistente nella volontà di abusare del titolo amministrativo di cui l’agente abbia la disponibilità, con l’inconsapevolezza di poter determinare un inquinamento ambientale, con conseguente sua punibilità anche nella forma del dolo eventuale, ravvisabile in caso di consapevole accettazione del rischio del verificarsi dell’evento conseguente alla prosecuzione, in condizioni di irregolarità, della condotta.
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[1] Secondo l’art. 300, comma 1, del D.lgs. N. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) “È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.
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