AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI – EMISSIONI – Rientra tra i poteri dell’Autorità Competente in materia di autorizzazione unica e autorizzazione integrata ambientale fissare limiti di emissione più severi.

Consiglio di Stato sez. IV – 03/03/2023, n. 2245 (Conferma T.A.R. Molise, Sez. I, 25 maggio 2017 n. 202).

Nelle determinazioni dirigenziali di autorizzazione unica (AU) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA), l’autorità competente può fissare valori limite di emissione più rigorosi delle soglie tecniche di miglior tecnologia disponibile in tre casi ben determinati: (i) quando lo richieda la pianificazione regionale in materia di ambiente, tutela delle acque o emissioni; (ii) quando lo richieda la normativa regionale; (iii) quando, in mancanza di autorizzazione integrata ambientale, lo richieda il provvedimento autorizzatorio. Costituisce scelta ragionevole e non sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che l’amministrazione competente imponga limiti e prescrizioni più rigorosi in relazione a situazioni di vetustà dell’impianto, laddove non venga dimostrato che l’impianto risponda ai requisiti della migliore tecnologia disponibile.

Una Società di servizi ambientali e smaltimento e gestione rifiuti ricorreva al Consiglio di Stato per ottenere riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale che aveva confermato la correttezza e la piena validità dei provvedimenti regionali di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e autorizzazione unica (AU), relativi ad un co-inceneritore di rifiuti non pericolosi per la produzione di energia, anche nella parte in cui imponevano prescrizioni e limiti ai valori delle emissioni rispetto alla precedente autorizzazione e ai valori limite stabiliti dalla normativa tecnica e disponevano ulteriori prescrizioni.

Tra i molteplici motivi di ricorso la Società adduceva che le determinazioni afferenti i provvedimenti di AU e di AIA non avrebbero potuto prescrivere limiti inferiori ai limiti di legge, salvo il ricorrere delle ipotesi derogatorie dell’art. 29 sexies, comma 4 ter, del d.lgs. n. 152 del 2006.

La sentenza impugnata, secondo la ricorrente, sarebbe stata erronea sotto questo profilo poiché avrebbe ricavato dal combinato disposto degli artt. 237 duodecies, comma 2 e 237 quatuordecies, comma 2 nonché 29 sexies, comma 4 bis, d.lgs. n. 152 del 2006 la regola secondo la quale i limiti di emissione fissati dalle predette disposizioni sarebbero solo limiti massimi così come sarebbe derogabile il periodo temporale di riferimento considerato dalle norme tecniche ai fini della valutazione del rispetto dei limiti di emissione.

In particolare, la tesi espressa dalla sentenza di primo grado non avrebbe potuto trovare applicazione per l’impianto in questione in quanto appartenente al novero delle infrastrutture di preminente interesse nazionale ai sensi del d.P.C.M. 10 agosto 2016 attuativo dell’art. 35, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014.

Sarebbe stato inoltre provato che l’impianto era conforme alla migliore tecnologia disponibile (BAT, “Best Available Technology”), per cui non avrebbe potuto essere invocato il principio di precauzione.

In primo luogo, il Collegio osservava che sia l’AIA sia l’AU regionale erano state emanate a conclusione di due procedimenti che traevano origine da un’unica istanza della dante causa della società ricorrente (altra società di settore già titolare dell’impianto). La società titolare dell’impianto aveva chiesto l’autorizzazione unica, ex art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003; dunque i due procedimenti si erano svolti secondo il modulo previsto dalla legge ed erano stati conclusi con due provvedimenti distinti di accoglimento dell’istanza unica presentata, ancorché condizionati a prescrizioni e limitazioni.

La ricorrente ha dedotto le proprie censure avverso tali prescrizioni e limitazioni.

Ciò premesso, la IV Sezione riteneva le censure infondate alla luce delle disposizioni applicabili al caso in esame.

Ai sensi dell’art. 237-duodecies, comma secondo “2. Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di co-incenerimento sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell’atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente all’Allegato I, paragrafo A, e all’Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo”.

Tale norma, di fatto, vincola i progettisti, i costruttori e i gestori di impianti di co-incenerimento, i quali non possono progettare, costruire, equipaggiare e gestire impianti aventi emissioni superiori ai valori limite. La stessa norma, viceversa, non vieta alle autorità regionali di imporre limiti più rigorosi di emissioni.

L’art. 237 quattuordecies, comma 2, prescrive che “2. I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e co-incenerimento si intendono rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all’Allegato 2, paragrafo C, punto 1″.

Tale normativa riguarda il campionamento e l’analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento e rimanda agli Allegati per l’individuazione delle soglie dei valori limite.

Si tratta, dunque, di una norma che conforma e vincola l’operato dei gestori e delle autorità preposte al campionamento e all’analisi delle emissioni gassose e che vincola altresì le autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni regionali, nel senso di vietare loro di prescrivere valori limite superiori a quelle legali.

L’art. 29-sexies, al comma 4-bis, prevede che: “4-bis. L’autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) di cui all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter. 4), attraverso una delle due opzioni seguenti: a)  fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non maggiori di quelli dei BAT-AEL; b)  fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, tempi di riferimento e condizioni, a patto che l’autorità competente stessa valuti almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al  fine di verificare che le emissioni, in condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili”.

L’art. 29 – sexies, comma 4 ter, d.lgs. 152 del 2006, prevede che l’autorità competente possa fissare valori limite di emissione più rigorosi delle soglie tecniche di miglior tecnologia, in tre casi specifici:

1) quando lo richieda la pianificazione regionale in materia di ambiente, tutela delle acque o emissioni (art. 29- septies);

2) quando lo richieda la normativa regionale;

3) quando, in mancanza di AIA, lo richieda il provvedimento autorizzatorio.

Pertanto, secondo il Collegio, da tale disposizione si desumeva che l’autorità competente può ben fissare livelli di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie disponibili, come era avvenuto nel caso in esame, nel quale l’interessata non comprovava che l’impianto, peraltro realizzato ed in attività da molteplici anni, possedesse i requisiti della migliore tecnologia disponibile.

Costituiva, quindi, scelta ragionevole e non manifestamente sproporzionata, in adesione al “principio di precauzione”, che l’amministrazione avesse imposto limiti e prescrizioni più rigorosi anche in relazione alla vetustà dell’impianto.

Il Consiglio, inoltre, precisava che all’impianto in esame non si applicava l’art. 35 del d.l. n. 133 del 2014 in quanto, ai sensi del comma 1 della norma citata, l’impianto non era autorizzato a livello nazionale, bensì regionale, e non costituiva un’infrastruttura strategica di interesse nazionale come previsto dal d.P.C.M. del 10 agosto 2016.

Ulteriori arresti giurisprudenziali:

Secondo T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 maggio 2018 n. 1172: “non può essere posto in discussione il potere dell’autorità amministrativa di fissare limiti di emissione più rigorosi di quelli previsti in via generale dalla normativa, trattandosi di una potestà derivante direttamente dalla legge e rispettosa del c.d. “principio di precauzione”, di derivazione euro unitaria; tuttavia, “la  fissazione di tali limiti deve essere il risultato di una adeguata istruttoria, cui deve corrispondere una motivazione congrua e rigorosa”; in questi termini anche Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2017 n. 1392.

 Sul punto anche T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 14 settembre 2016 n. 1197: nella fissazione dei limiti alle emissioni inquinanti, è necessario attenersi ai seguenti criteri: a) innanzi tutto si devono applicare i limiti posti direttamente dal legislatore nazionale nel d. lgs. n. 152/2006 o in altri testi normativi (tra cui il d. min. 5 febbraio 1998), nonché i limiti stabiliti dalle organizzazioni internazionali che si occupano di tutela della salute; b) di poi si devono applicare i limiti più restrittivi posti dalla disciplina regionale sempre se compatibili con le  Best Available Techniques  (b.a.t.) sopravvenute o aggiornate (“il carattere vincolante della disciplina regionale non deriva dalla fonte normativa, ma dal principio generale, certamente valido in materia ambientale, secondo cui deve sempre essere ricercato il migliore equilibrio tra la tutela della salute e dell’ambiente e la redditività delle iniziative economiche”); c) per stabilire quali limiti regionali devono essere applicati occorre fare riferimento a impianti che rappresentino un benchmark affine; d) infine, se manca un benchmark affine, bisogna svolgere una valutazione mista ambientale ed economica, “imponendo i limiti più restrittivi senza oltrepassare il punto in cui l’attività diventa antieconomica, in attesa che subentrino migliori tecnologie a prezzi più accessibili”; in questi termini anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 29 marzo 2022 n. 2090 e T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 9 febbraio 2017 n. 118.


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